Qatarstrofe
di Raja ElFani
Continua la tettonica per una nuova identità.
Pasquetta tunisina all’insegna del Dio Marte. Il 9 aprile la Giornata Nazionale dei Martiri, solitamente nel calendario della storia della decolonizzazione, è stata utilizzata a vari livelli anche internazionale. Le principali città del paese si imbattono nello stesso assalto di polizia. A Tunisi, la manifestazione cittadina diventata presto anti-Ennahda degenera oltremodo: si rivive il subbuglio. Fuggifuggi per le strade della capitale dove poliziotti decomplessati o in borghese rincorrono in furgoncino i cittadini. Botte & arresti.
Il giorno dopo, l’opposizione scende a protestare contro la violenza, incoraggiata dalla stampa francese. Il pretesto del governo è il recente quanto ingiustificato divieto di manifestazione nella simbolica avenue Bourghiba. Immediata seduta straordinaria all’Assemblea in cui si è dovuto spiegare il ministro degli Interni Laarayedh che ha scaricato i suoi cerberi contro la folla, rivendicando il diritto a difendere l’ordine. Un discorso davvero convincente con tanto di foto e diapositive: poliziotti in divisa contusi… su sfondo annebbiato dai lacrimogeni. Altra scusante: le corporazioni dei commercianti del centro storico e dei tassisti sarebbero l’elettorato assecondato dal governo in difesa della fruttuosa routine urbana. Un paese in ostaggio dal pizzo commerciale.
Il rigurgito di rivolta viene dal gruppo dei disoccupati laureati, il precariato della cultura globale è di grande imbarazzo per tutte le parti politiche. Molti si erano messi in viaggio da varie regioni e soprattutto dal sud per raggiungere la capitale. Il sindacato promette una legittima rivincita il 1° maggio. Tutta Sidi Bouzid, la Homs tunisina, è per strada ad esigere la caduta del governo, troppe le intimidazioni locali degli azionisti Ennahda. Nel mondo operaio regnano il ricatto e la corruzione. I dissidenti sono aggrediti nelle loro case a Radès, uno snodo industriale alle porte di Tunisi.
Ancora una volta la provincia dell’Occidente svela una omologazione mondiale della repressione, stessi metodi ovunque e niente relatività: dispersione degna degli anti-sommosse G8, sproporzionata quanto la recente operazione di Tolosa. E purtroppo la risposta civile è sempre troppo frontale quando bisogna rinforzare la tattica politica ; i progressisti hanno i nervi scoperti e gli islamisti un prontuario di provocazioni. Ma in tutto il mondo è diventato davvero difficile scavare una retorica libertaria.
Eppure Assange sulla tv russa RT inaugura oggi una discreta stagione alternativa. La prima intervista è a Nasrallah, capo di Hezbollah che ha il merito di mettere in chiaro le divergenze politiche che dividono il mondo arabo. La rivoluzione siriana a differenza di quella tunisina si tratta a partire dall’ambiguità israeliana, persistente faglia della regione.
In Siria il cessate il fuoco di Annan mette ulteriormente a dura prova l’organizzazione della resistenza locale. Al contrario di quanto sembra, la laboriosa trattativa internazionale non mette in vantaggio le vittime (il nocciolo duro di ogni rivoluzione) anzi crea un paradosso. Seppur sanguinario con i suoi, Assad diventa la roccaforte della non-ingerenza: il mostro ha saputo mantenere la sembianza giuridica richiesta nel gioco internazionale.
Oggi si celebra il 66° anniversario dell’Indipendenza della Siria. Il gruppo di osservatori, sotto direzione di un colonnello marocchino, comincia ad arrivare. Dovrebbe agevolare il monitoraggio di manifestazioni pacifiche, attimi rubati alle offensive. Parigi, particolarmente impegnata nella guerra in Siria, è in prima linea nella campagna di sensibilizzazione, stasera grande mobilitazione al Trocadéro dopo il resoconto del ministro degli Esteri Jupé a proposito delle sanzioni economiche agli alleati di Bashar.
L’emiro del Qatar, rincasato ieri da Roma, accoglie Annan per una riunione della Lega Araba. L’islamizzazione politica dei paesi arabi si centralizza nel Golfo secondo il Codice Napoleone. Postmoderno insopportabile per tutti.
Raja ElFani