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Angelotti tradito dai preziosi. Stessa merce con cui aveva fatto cadere in trappola De Pedis

Angelo Angelotti e i gioielli. Il rapinatore di Tor Marancia ucciso dai gioiellieri a Roma, durante l’assalto all’auto su cui viaggiavano gioelli per un valore di 75 mila euro, ha legato la sua vita ai preziosi. E proprio con i gioielli era riuscito a “stanare” il cautissimo Enrico De Pedis per attirarlo nell’agguato in cui Renatino sarebbe astato ucciso, nel 1990.

De Pedis non avrebbe accettato appuntamenti strani, si sapeva, ma per un carico di gioielli l’attrazione era fatale. E così, dopo che altri avevano rifiutato di far cadere in trappola De Pedis, fu proprio Angelotti a usare l’esca dei preziosi.

L’appuntamento era in via del Pellegrino e lì giunto De Pedis fu ucciso da un unico proiettile sparatogli nella schiena il 2 febbraio 1990. La pallottola gli fuoriuscì dalla gola, trapassandogli l’aorta. Il “dandy” quella mattina era uscito alle 10,30 dal suo appartamento segreto, in piazza della Torretta 26 – sì la piazzetta in cui hanno sede l’ordine dei giornalisti del Lazio e stampa romana – e in motorino si era diretto verso via del Pellegrino, Prese un caffè, salutò un macellaio (tale Mauro), e poi si diresse verso la bottega dell’antiquario Luciano D’Antoni, al civico 90. D’Antoni però non c’era, era presente solo il figlio. Uscito – ormai erano le 13 – scattò l’agguato, portato a termine da un paio di banditi in moto. De Pedis che era risalito sul motorino fui colpito da dietro. Sulla moto di grossa cilindrata dietro il conducente c’era un killer che impugnava una grossa pistola con la mano sinistra. Davanti era il romano Antonio D’Inzillo, di 27 anni, dietro Dante Del Santo di Massa Carrara, di 37 anni. Ma l’uomo con cui aveva appuntamento De Pedis era l’Angelotti: dovevano trattare una partita di gioielli.

Più o meno come quelli che oggi a Roma gli hanno procurato la morte.

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