Riprendo al blog di Aldo Giannuli (www.aldogiannuli.it) queste sue considerazioni sul film di Giordana, il libro di Cucchiarelli, la risposta di Adrtiano Sofri, gli anarchici.
Aldo Giannuli (Bari, 1952) è ricercatore di Storia contemporanea presso l’Università degli studi di Milano. E’ stato consulente delle Procure di Bari, Milano (strage di piazza Fontana), Pavia, Brescia (strage di piazza della Loggia), Roma e Palermo. Dal 1994 al 2001 ha collaborato con la Commissione Stragi ed è salito alla ribalta delle cronache giornalistiche quando, nel novembre 1996, ha scoperto una gran quantità di documenti non catalogati dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, nascosti nell’ormai rinomato “archivio della via Appia”.
Romanzo di una strage, il libro di Cucchiarelli, le critiche di Sofri e gli anarchici indignati
Il film di Giordana su Piazza Fontana è stato duramente criticato da Corrado Stajano e malamente stroncato da Goffredo Fofi (che parla di “cine panettone” e di lavoro non decente). C’è da segnalare, poi, una indignata presa di posizione degli anarchici romani, reduci del 22 marzo, che sostengono di non riconoscere sé stessi e le persona a loro vicine nel ritratto fattone da Giordana che ritengono caricaturale.
Non sono un critico cinematografico e non mi permetto di competere con un “mostro sacro” come Fofi, riconosco a Stajano autorità ed intelligenza per cui riesce ad essere illuminante, anche quando è eccessivamente severo e riconosco ai compagni anarchici le ragioni della loro irritazione, però mi sembrano giudizi troppo inclementi verso un fil che io giudico, invece, positivamente. Ho l’impressione che Giordana paghi lo scotto dell’accostamento al libro di Cucchiarelli che, a suo tempo, abbiamo recensito e del quale dicemmo, pure con cortesia, essere un libro brutto e più ricco di illazioni indimostrate che di effettive scoperte investigative.
Non torniamo, quindi, sul libro di Cucchiarelli di cui si occupa Adriano Sofri in un libretto web che consigliamo vivamente di leggere, a tutti quanti siano interessati. Un aureo scritto che leva la pelle a Cucchiarelli dimostrando quanto superficiale sia stato il suo studio delle carte.
Torniamo al Film che, nell’inquadratura finale, si dice “tratto liberamente dal libro di Paolo Cucchiarelli….”. Ma avrebbe dovuto dirsi “molto liberamente tratto” perché del libro nella pellicola resta poco e nulla.
Il libro sostiene che:
a-le bombe alla Bna erano due, una innocua, messa da Valpreda e l’altra “cattiva” messa da Sottosanti
b-che c’erano due taxi e due sosia
c-che anche in tutti gli altri casi di bombe seminate in giro quel giorno ce ne era una dimostrativa messa dagli anarchici” ed una vera messa dai fascisti
d-che Pinelli, accortosi di quanto era in atto e della trappola in cui erano caduti i suoi compagni, andò in giro per fermare le altre esplosioni e si inventò un alibi che poi non resse alla prova dei fatti
e-che Calabresi era nella stanza e forse partecipò al defenestramento fisico di Pinelli
f- che dietro di tutto c’era una regia unica che dirigeva tanto i fascisti quanto gli anarchici nella posa delle bombe.
Nel film: sparisce ogni coinvolgimento degli anarchici e soprattutto di Valpreda (la cosa è chiarita dalla conversazione immaginaria fra Calabresi e D’Amato), sparisce la regia unica, sparisce l’azione di Pinelli per frenare le supposte altre bombe, spariscono il doppio taxi ed il doppio sosia, Calabresi non è nella stanza al momento della caduta di Pinelli. Resta solo l’ipotesi della doppia bomba (ci torniamo fra poco).
Come dire che il film distrugge il libro più di quanto non se ne serva. Ma, allora, direte, perché dichiarare il film ispirato a quel libro? Lo spiega lo stesso Giordana sul Corriere: perché, prima ancora che fosse scelto il regista, la produzione aveva (sconsideratamente) acquistato i diritti del libro e quindi c’era un obbligo contrattuale in questo senso.
Alla fine, quella sponsorizzazione si è rivelata un autogoal, però il film ha dei meriti innegabili.
Vorrei ricordare che le due inchieste svolte dall’Isec fra gli studenti delle medie superiori milanesi nel 1999 e nel 2009 avevano accertato che la maggioranza degli intervistati riteneva la strage opera delle Br (quasi il 40%) o della Mafia (circa il 20%) mentre solo l’8% parlava dei fascisti ed il 4% dei servizi segreti. E questo, nella città dove ogni 12 dicembre c’è un corteo studentesco per ricordare la strage. Dunque, partiamo da questo dato.
Il film indica chiaramente le responsabilità del gruppo Freda-Ventura (anche se lascia fuori quello che è emerso nell’inchiesta Salvini), indica le coperture che i servizi italiani gli dettero prima e dopo la strage, parla del ruolo dei colonnelli greci e dei servizi americani. Non dice apertamente, ma lascia intendere chiaramente che Pinelli non è caduto giù per disgrazia o suicidio, favole inventate dalla Questura per cavarsi dall’accusa di omicidio.
Scusate se è poco: in tempi come questi ci vuole coraggio per sostenere cose così. E se noi delle generazioni over cinquanta queste cose le sappiamo per averle vissute ed aver letto tanto nel quindicennio successivo alla strage, le generazioni più giovani queste cose le ignorano. Da docente a contatto con i ragazzi che arrivano freschi dalle medie superiori e che hanno idee molto approssimative sulla storia recente del nostro paese, devo dire che questo film è uno strumento prezioso da non sottovalutare.
Poi ci sono molte omissioni, come lamenta Stajano, siamo d’accordo, ma un film deve far stare dentro tutto in due ore e deve operare tagli anche brutali, soprattutto quando ha per le mani una storia intricata come Piazza Fontana.
Ci sono anche passaggi che ci lasciano perplessi (Borghese che si scaglia con veemenza contro i “macellai”, episodio storico di cui non si ha notizia ed assai improbabile peraltro non necessario nell’economia del film; un po’ troppa glassa zuccherosa su Calabresi e Moro; una versione un po’ caricata di Saragat e degli anarchici e di Valpreda, ecc.) ma, a guardare la cosa nel complesso, si tratta al massimo di “peccati veniali” ampiamente compensati dai meriti del film.
Bene invece la scelta di tenere la violenza politica di quegli anni in sottofondo e non perché si debba occultare questo aspetto della vicenda, ma perché, in questi ultimi venti anni, c’è stata una overdose di attenzione a questo aspetto che ha finito per fagocitare tutto, mettendo in ombra moltissime altre cose di quella stagione troppo complessa per essere ridotta a questa sola dimensione.
Anche cinematograficamente si possono fare critiche al film, ma parlare di panettone e lavoro non decente sembra fuori luogo: non salviamo neanche l’interpretazione di Pinelli-Favino? A chi scrive è parsa superba.
Veniamo ai due punti delicati del film che possono attrarre delle critiche di merito: la doppia bomba (unica cosa che Giordana riprende dal libro) e la presenza di Calabresi nella stanza al momento del volo di Pinelli (cosa che contrappone Cucchiarelli a Giordana). Diciamo subito che (allo stato dei fatti) sia sull’una che sull’altra cosa non ci sono prove che possano stabilire definitivamente una verità ma che ci si sta muovendo sul terreno infido delle ipotesi.
Doppia bomba: l’unica “prova” che Cucchiarelli adduce è il ritrovamento della miccia che, però, nel fascicolo processuale non compare. Anche se fosse, si tratterebbe di un indizio, anche interessante, ma non di una prova definitiva. Nulla peraltro esclude che essa possa esserci stata: se la versione di Cucchiarelli (doppia bomba in attuazione di un unico piano e coinvolgimento di Valpreda) fa acqua da tutte le parti e non merita di essere presa seriamente in considerazione, l’ipotesi che possano esserci state due bombe alla Bna in attuazione di due diversi piani criminosi, non è in sé illogica. Riflettiamo su un dato: quel giorno ci furono diversi attentati a Roma e Milano, quelli romani hanno la caratteristica di essere stati a bassissimo potenziale, di aver fatto ben poco danno e di essere attribuibili agli uomini di Delle Chiaie, quella milanese, al contrario, è stata micidiale ed è attribuibile al gruppo veneto di On. Le bombe sono esplose più o meno alla stessa ora, con una sincronia che non può essere casuale, ma che è rimasta non spiegata, perché tutte le volte che abbiamo cercato (sia in sede giudiziaria che parlamentare o giornalistica) un collegamento fra le bombe romane e quella milanese, non abbiamo trovato assolutamente nulla che lo provasse. Di qui è sorta l’ipotesi che si trattasse dell’azione terroristica di un gruppo nella quale si era infilato un gruppo rivale.
A favore di questa ipotesi stanno questi elementi:
a-dallo studio dei documenti emergono due costanti: Avanguardia Nazionale di Stefano delle Chiaie porta sempre all’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno ed Ordine Nuovo porta sempre ai carabinieri ed al servizio segreto militare. Non si verificano mai rovesciamenti di questo schema
b-On ed An erano divise da una acre concorrenza.
c- anche fra Uaaarr e Sid in quegli anni c’era una competizione durissima. Sappiamo che il Sid cercò di scaricare la cosa su An e che, copertamente, fece arrivare documenti al collettivo della “strage di Stato” sempre per alimentare la pista Delle Chiaie
d-sappiamo che Di Luia era il terminale milanese di Delle Chiaie (anche se con qualche polemica ed allontanamento), cha a lui faceva riferimento Sottosanti e che, nel marzo successivo alla strage, cercò ed ottenne un incontro riservato con Silvano Russomanno (braccio destro di D’Amato allo Uaarr) per fare rivelazioni sul ruolo avuto il 12 dicembre.
e-sappiamo documentalmente che l’ “operazione anarchici” fu predisposta dallo Uaarr sin dall’agosto precedente la strage (con il, depistaggio sulle bombe ai treni e poi con l’iscrizione di Valpreda a “modello Z” sin dal 30 settembre), mentre carabinieri e Sid puntavano piuttosto su Feltrinelli
In questo quadro, non appare del tutto irrealistica l’ipotesi di una doppia bomba: una di An, nel quadro di una azione dello Uaarr mirante a gestire la tensione dell’autunno caldo, l’altra collocata dal gruppo mestrino-veneziano di On nel quadro di una operazione di appoggio ai colonnelli greci e per porre le premesse per scatenare violenze di piazza il 14 dicembre durante la manifestazione già convocata dall’estrema destra (ipotesi più volte affacciata -e con elementi a sostegno- da Vincenzo Vinciguerra).
Prove che questa seconda bomba ci si stata non ce ne sono, se non i labili indizi raccolti da Cucchiarelli (l’odore di mandorle amare ed il mal di testa dei presenti, la difficoltà di far entrare sei chili di esplosivo in quella cassetta jewell ed, infine, quel pezzetto di miccia che poi scompare), quindi siamo solo nel campo delle ipotesi. Però non è una eresia da anatema maggiore dire che possa esserci stata, pur se la spiegazione non può essere quella data da Cucchiarelli, mentre più accettabile logicamente appare quella che D’Amato dà nell’immaginario dialogo che chiude il film.
Anche perché, doppia bomba o non doppia bomba, resta ancora da risolvere il problema del parallelismo fra gli attentati romani e quello milanese di cui si è detto.
E veniamo al problema Calabresi. Il Commissario disse subito di non esserci stato, i suoi superiori (soprattutto Allegra) prima lo smentirono, poi confermarono ma sempre in modo assai ambiguo. Ovviamente sia la parola dell’interessato quanto quella dei suoi colleghi e sottoposti non vale granché, perché si tratta di persone direttamente interessate a difendere una tesi. Unico elemento resta la testimonianza di Valitutti che ha sempre sostenuto di non aver visto il Commissario uscire dalla stanza poco prima del trambusto durante il quale Pinelli precipitò. Parola che non abbiamo motivo di mettere in dubbio, ma che non risolve la questione, perché scarsamente probante. L’affermazione di Valitutti avrebbe ben altro valore se egli avesse detto: “Ho visto Calabresi entrare nella stanza subito prima di aver sentito quel rumore…” oppure “Ho visto Calabresi uscire da quella stanza negli attimi successivi a quel rumore”.
Queste sarebbero affermazioni di segno positivo, mentre la sua è una affermazione di segno negativo “Non ho visto Calabresi uscire…” il che non esclude che il commissario si sia allontanato dalla stanza in un momento di disattenzione di Valitutti che potrebbe non averci fatto caso o aver guardato da un’altra parte o aver avuto un colpo di sonno in quel momento.
Dunque, niente prove certe neanche in questo caso. Ma alcuni elementi portano a credere che effettivamente Calabresi non stesse lì in quel momento, fra l’altro alcune note confidenziali reperite da chi scrive queste righe molti anni dopo. Più che altro, indirizza in questo senso lo strano gioco dei vertici della polizia: oltre che le ambiguità di Guida e Allegra sule dichiarazioni di Calabresi, ricordiamo che il commissario venne letteralmente “scaricato” in occasione del suo processo con Lotta Continua. E si tenga presente che le norme impongono che un funzionario di polizia debba ottenere il permesso della sua amministrazione per sporgere querela per calunnia: quindi Calabresi venne autorizzato e scaricato. Infine, oggi sappiamo che le notizie alla controinformazione sulla sua presunta partecipazione ai corsi Cia negli Usa venero ispirate dall’agenzia Anipe, molto vicina allo Uaarr (il film ne parla e sono documenti che ho trovato personalmente). Poi Calabresi non venne trasferito -cosa che lo avrebbe in qualche modo tutelato- e non era protetto in alcun modo, al punto che un ignoto killer (e scrivo ignoro intenzionalmente non essendo affatto persuaso del giudicato penale che lo individua in Bompressi) potè avvicinarsi da solo, colpirlo alle spalle ed andar via senza nessuna fretta.
Dunque, dobbiamo chiederci perché al Ministero dell’Interno Calabresi parafulmine della campagna della controinformazione faceva comodo. Ed è un altro punto da chiarire ancora oggi. Questo non toglie che Calabresi avesse responsabilità pesanti per il trattamento imposto a Pinelli (assolutamente illegale) e, soprattutto, per la copertura data ai suoi uomini dopo il fatto. Insomma, il Commissario non era quel mostro che la controinformazione ha dipinto per anni, ma non era neanche quella “Alice nel paese delle meraviglie” che il film mette in scena.
Detto questo il film ha i suoi punti deboli, come abbiamo detto, ma resta un’opera coraggiosa che ci aiuta a far sapere ai più giovani cosa fu quella stagione di storia repubblicana. Con buona pace di quanti vorrebbero dimenticare che, oltre che i fascisti, in quella storia c’erano bei pezzi di Stato. Le collusioni ed i depistaggi non furono l’opera di qualche mela marcia annidata fra le pieghe della polizia, dell’Arma, dei servizi ecc (e di mele marce, da questo punto di vista ve ne furono davvero molte) ma di elementi che sia a livello basso che alto si muovevano all’interno di una teoria come quella della “Guerra rivoluzionaria” che non era la trovata di qualche giornalista, ma la dottrina ufficialmente adottata dalla Nato dal 1958 al 1974.
Quello che conta è questo, il resto sono solo minuzie.
Aldo Giannuli