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Processo Rostagno: Angelo Siino rivela le trame di Licio Gelli a Trapani. Scoperte da Mauro

Licio Gelli in Sicilia. Un golpe. E Mauro Ristagno che scopre queste trame. Ecco cosa ha raccontato all’ultima udienza del Processo per l’omicidio di Maturo Ristagno il collaboratore di giustizia Angelo Siino, già ministro dei lavori pubblici vdi Cosa Nostra. Rino Giacalone che sulla pagina Facebook del “Processo…” ha fatto il consueto resoconto dell’udienza ha scritto questo articolo per Antimafia Duemila che riprendo. Eccolo:

Processo Rostagno: Gelli fu a Trapani, Mauro lo aveva scoperto

Antimafia Duemila – Rino Giacalone

1° marzo 2012
E’ la svolta del processo per il delitto di Mauro Rostagno, perchè per la prima volta c’è un riscontro concreto su un preciso “danno” che Rostagno aveva prodotto alle connessioni più pericolose esistenti nel trapanese, quelle tra mafia e massoneria, i cosidetti, veri, “poteri forti”, ma oggi, 1 marzo, a 24 ore dall’udienza in cui ha deposto il pentito Angelo Siino, i giornali, che scrivono del dibattimento, preferiscono fare sapere a chi legge che c’erano semmai “corna da rompere” riprendendo l’affermazione che secondo Siino fu usata dal patriarca della mafia belicina Francesco Messina Denaro quando con lui parlò del fastidio che aveva nei confronti degli editoriali in tv, da Rtc, di Mauro Rostagno.

Nessun cenno al nome invece venuto fuori, e nemmeno per la prima volta, del gran maestro della P2 Licio Gelli, non come “evocazione” di un fantasma o di una figura incerta, così come era accaduto in altre udienze, durante le quali come ipotesi si era prospettata la circostanza che Rostagno aveva saputo di una presenza a Trapani del gran maestro della P2, ma con tanto di precisione. Siino ha infatti riferito di un passaggio “trapanese” di Licio Gelli, indicandone non solo il periodo ma anche la ragione: il periodo è quello in cui il bancarottiere Michele Sindona si trovava a Palermo per il “finto sequestro” (periodo accertato tra l’agosto 79 e per le successive 11 settimane), la ragione, “organizzare un golpe”. Siino non ha fatto generiche ipotesi. “Durante il periodo del finto sequestro Sindona – ha detto – Gelli venne a Palermo e per un giorno intero sparì, non si seppe dove andò, il prof. Barresi mi disse poi che Gelli era andato a Trapani a incontrare i fratelli trapanesi”. Rispondendo alle domande dell’avv. Lanfranca (parte civile per Carla e Monica Rostagno) ma anche a quelle dell’avv. Ingrassia (difensore del boss mafioso Vincenzo Virga), Siino ha proseguito: “Con i fratelli trapanesi Gelli venne a parlare del progetto di golpe che si voleva mettere in atto, ma in realtà non era un vero golpe, è molto più facile dire chi non voleva partecipare, così pochi erano i contrari, in realtà più che un golpe era un ricatto che si voleva compiere nei confronti di Andreotti”. Tra i partecipanti al golpe, Siino ha indicato anche il nome del dott Miceli di Salemi. Cosa era emerso nel processo fino a ieri? Mauro Rostagno occupandosi nel 1988 di massoneria deviata aveva avuto certezza che qualche anno prima il gran maestro della P2 Licio Gelli era venuto a Trapani, anche più di una volta, ed aveva incontrato mafiosi iscritti alla massoneria deviata, come Mariano Agate, capo mafia di Mazara. Una conoscenza che aveva messo per iscritto in un verbale finito nelle mani del giudice istruttore che si occupava delle indagini sulla loggia coperta di Trapani, la indagine cosidetta sulla Iside 2, nelle cui liste erano stati trovati scritti professionisti, uomini di legge, dirigenti di banca e dello Stato, professori, ma anche mafiosi di gran rango, gran maestro il professore di Filosofia, Gianni Grimaudo. I carabinieri avevano saputo della “scoperta” di Rostagno, ma quando si trattò di indagare sul delitto del giornalista che avvenne poco dopo, il 26 settembre del 1988, quasi si scordarono di quella circostanza che non poteva certo definirsi irrilevante. Le indagini peraltro sulla loggia coperta di Trapani avevano fatto scoprire appunti interessanti. Come un bigliettino nel possesso del prof. Grimaudo di questo tenore: “Questura, portare la licenza Calamusa, parlato con Saverio, licenza pronta in giornata. 20 amic, C, intesa per l’unione loggia C. Note, Gionny Grimaudo, Natale Torregrossa, Franco Ingrande, Giuseppe Chittaro, Pietro Fundarò, personalità da ospitare Parenti, Gelli, Salvini”. E ancora: “…per l’inaugurazione del tempio di Via Carreca in Trapani, nonché della venuta in loco, il 14/1/’81 di Salvini, noto gran maestro sedente in Roma, del Cardinale Parente e Licio Gelli”. Durante il processo l’avv. Nino Marino, all’epoca segretario del Pci, riferendo di un incontro con Rostagno disse: “…egli ebbe notizia della venuta qui in provincia di Trapani, a Mazara del Vallo, la prima e a Campobello di Mazara la seconda volta, di Licio Gelli ospite di Mariano Agate…”.
Non è una notizia di poco conto quella fornita da Angelo Siino alla Corte di Assise. Se Rostagno stava mettendo il naso in faccende che avevano l’odore di un golpe, alla mafia ed ai complici di Cosa nostra la circostanza non poteva fare certo piacere. Ma c’è un particolare in più che fa capire come la vicenda del golpe non era di poco conto. Siino ha colorito il passaggio quando ha detto che c’era una sorta di larga partecipazione al golpe, “come se vi fossero in palio ricchi premi e cotillon”. Battute a parte, Gelli che passa per Trapani, dove nelle liste della massoneria segreta nata qui con la “benedizione” dei fratelli più vicini a Gelli, ma anche al capo dei capi di Cosa nostra, Totò Riina (altrettanto accertata è stata la presenza a Trapani per la inaugurazione della Iside 2 del commercialista palermitano Pino Mandalari, braccio destro di Riina), non lo ha fatto certo per fare una visita di cortesia, ma per parlare di qualcosa di importante. Scoprirne i segreti può avere fatto decidere a Francesco Messina Denaro di ordinare a Vincenzo Virga, come hanno raccontato altri pentiti, di uccidere Mauro Rostagno. Siino ha detto che Messina Denaro usò la frase “gli spacco le corna” e solo le “corna” hanno suscitato interesse in alcuni cronisti.

Il “rispetto” del barone Maurici. Angelo Siino era il ministro dei lavori pubblici di Totò Riina. Si occupava di appalti da aggiudicare alle imprese raccomandate da Cosa nostra. A Trapani era spesso presente: “…contattavo imprenditori e li mettevo in contatto con Cosa nostra…”. Ha svelato che i mafiosi lamentavano mancata equità. In che senso? “Nel senso che – ha spiegato – fino a quando erano le imprese a mettersi d’accordo per aggiudicarsi gli appalti la considerazione degli altri non riconosceva in questo comportamento atteggiamento criminale e criminoso, cosa che invece si faceva se l’accordo veniva raggiunto con la mediazione mafiosa, in fin dei conti non c’era nulla di diverso, e fino a quando a mettersi d’accordo erano le sole imprese la cosa andava bene alle stesse imprese e ai politici…alla mafia si pagava il pizzo, tre per cento, oppure chi si aggiudicava gli appaltio concordava dove fare le forniture….le cose si sono messe male quando la mafia ha deciso di chiedere il pizzo anche ai politici che gestivano gli appalti, sulla mazzetta presa dagli imprenditori dovevano pagare alla mafia il 2 per cento…”. “A Trapani conoscevo nell’ambito confindustriale Sciacca e Bulgarella…di mafiosi conobbi, tra l’87 e il 1988, Vincenzo Virga perché fu lui a volermi incontrare a Partinico…c’era da parlare dell’appalto per il depuratore, venne con una camicia che aveva bottoni in brillanti…in quella occasione mi disse che voleva uccidere una persona che io conoscevo, il barone Giuseppe Maurici, perché questi gli aveva mancato di rispetto acquisendo una impresa senza chiedere il suo permesso….Maurici (ex deputato di Forza Italia, presidente uscente del consorzio Asi, prossimo candidato sindaco a Trapani per il Grande Sud ndr) lo conoscevo perché ci univa la passione per le corse…lo salvai dicendo a Virga che Maurici gli portava a lui grande rispetto…Io avvisai il Maurici per dirgli il pericolo che stava correndo e Maurici non si occupò più di questa impresa…”.

Agganci al ministero di Grazia e Giustizia. Andava in giro per la provincia di Trapani Angelo Siino, si vedeva con tanti di Cosa nostra ne conosceva inconfessabili segreti. Come per Francesco Messina di Mazara, detto Ciccio, “u muraturi”, era il cassiere della mafia mazarese, e Siino ha detto di avere saputo che era in grado di avere appoggi fin dentro il ministero di Grazia e Giustizia. Conosceva anche invidie, gelosie e rancori. Per esempio dei non buoni rapporti tra i fratelli Agate, Mariano non dava tanta corda al fratello Giovan Battista. Quest’ultimo con Siino parlò del delitto Rostagno. “Ero rimasto già impressionato – ha detto – quando Francesco Messina Denaro a Castelvetrano mi aveva detto che gli voleva rompere le corna a Rostagno, e quando questo avvenne restai ancora più scosso, forse percependo questo mio malumore Giovan Battista Agate cercò di rappresentarmi altro, mi disse che non poteva essere stata la mafia per via di quel fucile esploso, “hanno usato una scupittazza vecchia”, spiegando a suo modo quello che era accaduto, ma Ciccio Messina che era vicino mi fece un segno con la mano, come dire di non starlo a sentire”.

L’odore degli aranci. A Siino è stata fatta la domanda dove aveva incontrato Francesco Messina Denaro quando questi gli parlò male di Rostagno. “Eravamo a Castelvetrano, in una casa vicino l’autostrada, era la casa di Filippo Guttadauro che era sposato con una figlia di Messina Denaro. Guttadauro è il fratello di Giuseppe, il medico capo mafia di Roccella. Ricordo di quella casa l’odore di aranci che la circondava”.

Il pane dei bambini. Secondo Angelo Siino le cose si sono messe male per la mafia quando decise di chiedere i soldi anche ai politici. “Dissi a Riina che era come togliere il pane ai bambini”. Un politico citato è stato l’ex deputato regionale del Psi, Enzo Leone, di Castelvetrano. “a lui chiedemmo soldi”.

Il capitolo Puccio Bulgarella. “Bulgarella (morto da poco tempo ndr) era una persona molto estrosa a dire poco, personaggio allegrone e conduceva la sua impresa e la televisione, Rtc, non aveva timori di sorta nè problemi, accomodante, facciamo tutto diceva, l’ho conosciuto nell’ambito della buona società trapanese, lui aveva una barca, anche io, ci incontravamo a mare, e aveva un bel seguito di personaggi interessanti, ho avuto modo di conoscerlo bene, figlio di un vecchio imprenditore amico di mio padre, avevo avuto modo di vedere che era un imprenditore inserito, conoscenza specifiche tra i politici locali nella zona del Belice in particolare….Bulgarella mi disse che aveva avuto problemi con un soggetto di Gibellina un certo Funaro che gli aveva distrutto impianto di calcestruzzi….Messina Denaro Francesco mi disse che Bulgarella non era affidabile, lo convinsi però a dargli l’autorizzazione per potere fare i lavori dell’area artigianale a Castelvetrano, Bulgarella dovette solo pagare un poco di più rispetto agli altri…Messina Denaro ci diede il permesso mafioso, Enzo Leone, sindaco di Castelvetrano, quello politico…pagammo il 2 per cento alla mafia, il 5 per cento ai politici…”,

Rostagno, “si lu senti parlari t’arrizanu li carni”. “Non c’erano rapporti diretti tra Bulgarella e Messina Denaro, Messina Denaro diceva che Bulgarella era uno sbirro, poi era uno che aveva rapporti con “fimmini” e Messina Denaro mi chiedeva perchè io ci andavo appresso….Diceva che era uno sbirro perché, mi disse Messina Denaro una prima volta, aveva un giornalista era uno terribile che gli scappava di tutto dalla bocca…questo giornalista era Mauro Rostagno…si tu lo senti parlare t’arrizzano li carni”…è un cornuto…al povero Rostagno lo faceva diventare una pezza nterra…”. “Messina Denaro per conquistare la mia attenzione contro Rostagno mi disse che questo dalla tv parlava degli appalti, lo faceva per farmi intervenire in questa situazione e io intervenni. Parlai con Puccio Bulgarella e gli disssi se lui voleva mettermi nei guai, vedi che devi fare…una prima volta lo scopo fu raggiunto, Rostagno calmò gli interventi in tv, ma poi subito dopo si scatenò di nuovo…Messina Denaro mi disse che era ora che gli dovevano rompere le corna, immaginavo dopo gli incontri con Messina Denaro che Rostagno da un giorno all’altro avrebbe fatto una brutta fine…..Dissi a Bulgarella che la minaccia era seria tanto che gli dissi che veniva da una persona importante, non gli dissi che era Francesco Messina Denaro….subito dopo l’omicidio Rostagno ero a Roma con Brusca e Bulgarella e gli accennai la cosa e Bulgarella mi disse di non parlarne in presenza della moglie….”non ne parlare davanti a mia moglie perchè sennò siamo consumati”…”.

I piccioni dell’Addaura. Angelo Siino ha detto di avere conosciuto anche Vito Mazzara l’altro imputato, assieme a Virga, del delitto Rostagno. Mazzara sconta, come Virga, ergastoli per delitti di mafia, omicidi commessi da lui, eccelso campione di tiro a volo. “L’ho conosciuto perché come me frequentava il campo di tiro a volo e di tiro al piccione dell’Addaura di Palermo e che però poi fu chiuso. Mazzara si annacava, era come se volesse conoscermi, ci presentarono, non in modo rituale, però lui fece battutine così per farsi intendere. Lì si tirava al piccione, ma i piccioni venivano anche usati per portare soldi da un punto all’altro della città”. “Mazzara un’altra volta lo incontrai in occasione della gara automobilistica Mont’Erice, eravamo a Valderice, c’era anche Virga con lui….Mazzara si dava delle arie, s’annacava, era uno “ntiso”.

Non è confuso. Le domande delle difese ad Angelo Siino non sono state parecchie e non hanno cercato di approfondire o provocare ricordi, perché Siino, sentito già nel 1997 per il delitto Rostagno, non è apparso scarso di memoria. Hanno però cercato di difensori degli imputati di fare apparire la sua testimonianza confusa, a proposito dei nomi citati, ma il pm Gaetano Paci ad un certo punto ha chiosato, “Siino non è uno confuso”.

La vedova dell’editore. Caterina Ingrasciotta Bulgarella non nasconde l’emozione quando parla di Rostagno però ferma nelle risposte. Taglia corto. Si sorprende quando le chiedono se Rostagno aveva successo in tv. Lei è la vedova di Puccio Bulgarella, l’editore di Rtc, se il marito si occupava della cassa, lei era una sorta di supervisore in tv, aveva lasciato l’insegnamento di storia e filosofia, e la televisione era diventata presto la sua passione. “Non c’era lò’audience ma in giro sentivamo parlare di Mauro e dei suo interventi in tv, segno che era seguito”. Ma c’era chi concordava e chi no. Ha detto che apprese che Angelo Siino aveva parlato col marito di Rostagno: “Mi risulta che a mio marito fu notificato disagio per gli interventi tv di Rostagno. Mauro non denunciava fatti nuovi ma un costume, di queste lamentele informammo Mauro…Mauro Rostagno commentava quello che già era cronaca incideva molto sul costume non denunciava fatti nuovi era una scelta sua quella di fare cambiare costume alla gente…il suo era un tratto nuovo di fare giornalismo difficile da rintracciare in altri…Con mio marito di questa vicenda ne abbiamo parlato anche in presenza di tanti, la spiegazione era sempre quella che era stata la mafia a volere morto Rostagno…eravamo convinti di una matrice mafiosa del delitto…l’origine di questa convinzione scaturiva dall’analisi della faccenda, anche una sorta di intuizione per l’esperienza di vita quotidiana…Lui prima di essere ucciso doveva preparare un nuovo programma Avana, aveva fatto la sigla, non avevo però mai parlato con lui dei contenuti, sapeva che ci stava lavorando, mi fece vedere la sigla….con me non parlò mai di gerarchie mafiose….non so se ne parlò con altri dentro Rtc…parlava con gli altri giornalisti ma non so di cosa….Ho conosciuto Falcone – ha continuato la teste – so che Rostagno doveva incontrarlo e credo che lo abbia incontrato…Non ricordo quanto tempo prima rispetto alla morte, forze alcuni mesi prima, i periodi mi sfuggono…”. La teste ha parlato del costume che Rostagno voleva fare cambiare, ma pur avendone parlato in modo da fare risaltare il suo apprezzamento, di ieri quanto di oggi, alle domande più specifiche, a proposito di chi aveva esternato fastidio per il lavoro di Rostagno, a parte Siino non ha saputo fare altri nomi. Le parti le hanno contestato un verbale da dove hanno letto la sua dichiarazione: “Questa richiesta (di fermare Rostagno ndr) c’è stata fatta da molti a Trapani…tante voci….se avessimo dato ascolto Rostagno non sarebbe stato ucciso”. Ma sui nomi ha glissato: “E’ un discorso di opinione pubblica c’era clima pesante ma non le posso dire questo o quest’altro…una persona specifica non mi viene….è un’atmosfera….segnali che arrivavano da ambienti della normale borghesia trapanese…ambienti normali…..non ricordo dei nomi particolari…Non c’è stata mai minaccia…forse mi sono espressa male…mi dispiace che a suo tempo non ho percepito la gravità delle cose…”.

Il memoriale non è sparito. Se le difese hanno fatto qualche domanda più approfondita al solito hanno cercato di scavare fuori dalla matrice mafiosa del delitto. E così alla teste sono state poste domande sulla famosa comunicazione giudiziaria ricevuta da Rostagno per il delitto Calabresi, poco tempo prima di essere ucciso. “So che voleva parlare, aveva preparato un memoriale”. La difesa si è quasi sorpresa, interrogata, ha chiesto dove lo teneva, “sempre in borsa, io non l’ho mai letto” ha detto la prof. Ingrasciotta. Poco tempo e scoppia il giallo, la borsa che Mauro aveva con se al momento del delitto dentro non aveva alcun memoriale. Sparito. Ma dura poco tempo la solita ombra che si fa avanti, quella che lega, in modo infondato, il delitto Rostagno alle indagini sul delitto Calabresi e il caso Sofri. L’avv. Carmelo Miceli ricorda che un memoriale c’è agli atti del processo, trovato tra le carte di Mauro, dove contesta la fondatezza dell’indagine nella quale era coinvolto.

Le ultime ore di Rostagno. “L’ultima volta che ci siamo visti- ha detto la testimone – Mauro mi disse che aveva qualcosa di particolare che non poteva essere detto televisivamente e questo qualche ora prima del delitto…Credo che riguardasse una inchiesta che stava facendo su Marsala….Gli chiesi io notizie su Marsala….mi disse che era qualcosa che non poteva essere detta televisivamente….

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