Informazioni che faticano a trovare spazio

L’intervista a Orsi, il cosiddetto “sosia” di Valpreda (dieci mesi fa)

Ecco l’articolo che Saverio Ferrari e Francesco “Baro” Barillui hanno scritto dieci mesi fa su Orsi, il cosiddetto sosia di Valpreda.

Parla Claudio Orsi: “La strage? Opera di Freda e Ventura”

Un film su Piazza Fontana, fra speranze e timori

Saverio Ferrari e Francesco “baro” Barilli

13 aprile 2011

Un film sulla strage di Piazza Fontana, alla cui regia sarà Marco Tullio Giordana. Proprio il regista de I cento passi porterà la “madre di tutte le stragi” al grande pubblico, cosa ormai possibile solo con un prodotto televisivo o cinematografico. La notizia istintivamente può fare piacere, ma la fiducia comincia a essere scossa se si pensa che per la sceneggiatura sono stati acquisiti i diritti del libro Il segreto di Piazza Fontana, di Paolo Cucchiarelli (2009, editore Ponte alle Grazie). Un volume che ha fatto molto discutere alla sua uscita, contenente una ricostruzione già smentita in parti essenziali.
Non sappiamo se il film (di cui da poche settimane sono cominciate le riprese) riprenderà le discutibili teorie del libro. Forse Giordana vi attingerà come semplice fonte di documentazione, discostandosi da quel lavoro per avvicinarsi maggiormente a una verità che, sul piano storico come su quello processuale (seppure, in quest’ultimo campo, con molte lacune) si è consolidata negli anni: in sintesi, quella di una strage concepita, progettata e attuata nell’alveo della destra eversiva neofascista, in primo luogo Ordine nuovo.
Alla pubblicazione del libro, l’attenzione dei più è stata attirata dalle sue teorie più controverse: l’inopinato ritorno “sul banco degli imputati” di Valpreda (nella foto), la teoria della doppia bomba, l’ambiguo (sempre nella ricostruzione dell’autore) ruolo di Pinelli eccetera. Nessuno ha mai affrontato un “piccolo” particolare: l’indicazione, seppure in ipotesi, del possibile nome di uno degli stragisti.
Proprio su questo abbiamo pensato di soffermarci. Il nome è quello di Claudio Orsi, e probabilmente non dirà nulla ai lettori, se non a quelli che hanno seguito più approfonditamente l’intricata vicenda di Piazza Fontana, e anche a costoro potrà essere apparso un personaggio marginale rispetto al corposo elenco degli attori principali. Un elenco in cui Orsi è tornato, suo malgrado, dopo la pubblicazione de Il segreto di Piazza Fontana.
Lo abbiamo rintracciato con fatica, sembrava sparito nel nulla. Personaggio complesso, di origini ferraresi, nipote di Italo Balbo, ma soprattutto amico di Franco Freda (“Oddio, amico… Questa sarebbe da ridimensionare…”, precisa). Nel ’64 aderì a Giovane Europa (“non fui assolutamente uno dei fondatori!”), sezione italiana di Jeune Europe, diretta a livello internazionale da Jean Thiriart, ex Waffen-SS e noto esponente del neonazismo continentale. Orsi, dopo aver guidato l’ultimo congresso dell’associazione nel 1970 transitò poi in un piccolo gruppo marxista-leninista, nei primissimi anni settanta, suscitando non poche perplessità sulla sua improvvisa conversione.
Alla soglia degli ottant’anni, vive in un piccolo comune della provincia ferrarese, dove gestisce un ricovero per animali randagi. Non sembra particolarmente preoccupato dalla possibilità che Giordana attinga a piene mani dal libro di Cucchiarelli, facendolo apparire nel ruolo di stragista. Liquida l’ipotesi con un semplice “Vedremo: azioni legali ne posso sempre fare, no?”.
Ancora oggi si professa un animalista convinto e un compagno. Estrae un paio di foto: “Eccovi il “fascista Orsi”: Vienna, novembre ’49, a 18 anni, vicino al monumento ai caduti sovietici. Un fascista non si fa fotografare lì… Qui, molti anni dopo, sono di fronte alla sede ferrarese dell’associazione Italia Cina. Questa è la finestra dove appendevamo la bandiera…”
Una foto di Mao ci guarda dalla parete della casa. Non riusciamo a capire se il Grande Timoniere voglia essere testimone della buona fede di questo anziano signore, forse è perplesso anche lui. Di certo Orsi è un buon affabulatore: lucidissimo, carismatico, persino simpatico, e cominciamo la nostra intervista.

Secondo Paolo Cucchiarelli l’anarchico Pietro Valpreda collocò all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura “un ordigno non destinato a uccidere”, ma subito dopo giunse lei, a bordo di un altro taxi, per deporre (direttamente o con un altro soggetto) la vera bomba che provocò la strage. Come mai in tutto questo tempo non ha reagito a un’accusa tanto grave?

A parte che questa faccenda l’ho scoperta poco tempo fa, non è un’accusa, ma un delirio: le due bombe, i due taxi… Seppi della strage da una vicina di casa: venne a dirmelo mentre ero a letto malato, come molti hanno poi testimoniato. Il giorno successivo subii una perquisizione, mentre ero ancora a casa con la febbre. Anni dopo fui interrogato da D’Ambrosio, che in un’occasione mi fece la fatidica domanda: “dov’era il 12 dicembre ’69?”. Gli ho sciorinato l’elenco di persone che potevano testimoniare che ero a casa: confermarono tutti la mia versione.

In effetti lei fu arrestato nel marzo 1973, nell’ambito dell’indagine condotta dal giudice istruttore Gerardo D’Ambrosio. Indagato per strage fu poi prosciolto e rinviato a giudizio per associazione sovversiva. Quindi assolto. Nella sentenza finale del processo di primo grado si parla di un “suo preciso alibi” per il giorno della strage…

Sì, D’Ambrosio mi lasciò “la coda” dell’associazione sovversiva, anche se il dottor Alessandrini [ndr: il sostituto procuratore] aveva proposto il proscioglimento totale. Escluso Freda, su cui torneremo, sono stato rinviato a giudizio per quel reato con persone mai viste in vita mia.

Cucchiarelli nel suo libro ha anche sostenuto che lei fu scelto in quanto “sosia” di Valpreda. I testimoni si sarebbero tutti ricordati del volto dell’anarchico attraverso il suo. Assomigliava davvero all’anarchico di origine milanese?

Ricordo che all’epoca girava una sola mia foto: la stessa ripresa dal Corriere in tempi recenti [ndr: dopo il libro di Cucchiarelli]. Di Valpreda ne apparvero diverse. Nessuno, fra chi conosco e ha visto quelle immagini, ha mai trovato una somiglianza fra noi.

Nel suo libro Cucchiarelli riferisce che, secondo una sua fonte anonima, la bomba che ritirò Valpreda fu preparata in un abbaino posto a due passi dalla Galleria del Corso, all’epoca una sede degli studenti greci legati al regime dei colonnelli. I materiali per l’ordigno vi sarebbero stati portati da Giovanni Ventura (l’anonima fonte ipotizza anche la contestuale presenza di Ventura alla consegna). Cosa pensa di questa ricostruzione?

E’ una cosa folle, un guazzabuglio! Ventura, i greci, gli anarchici… Se le sogna di notte???

Che rapporti ebbe con Franco Freda e Giovanni Ventura? Ventura a un certo punto l’accusò di aver fornito gli uomini per gli attentati sui treni nell’agosto 1969.

Ventura non l’ho mai visto. E comunque non ne avevo nessuna considerazione. Ho saputo per caso che è morto poco tempo fa.

Esatto. Freda, alla sua commemorazione, ha detto: “E’ stato un grande miliziano che ha combattuto dietro le linee nemiche una battaglia contro il male estremo della democrazia”.

Ha detto una cosa del genere? Mi dispiace, lo stimavo, lo ritenevo una persona intelligente. Hanno detto che eravamo amici, ma il mio rapporto con lui è stato ben diverso da quello strombazzato per anni su libri e giornali. L’ho conosciuto al mare nell’agosto ’64. L’ho rivisto un paio d’anni più tardi a Ferrara, dove frequentava una mia compagna d’infanzia. L’avrò visto altre tre o quattro volte. In seguito, nessun contatto, neanche per lettera… Per una vita sui giornali io sono stato “Claudio Orsi, nipote di Italo Balbo, amico di Franco Freda, fondatore del movimento di estrema destra Giovane Europa”. L’unica cosa vera è la mia parentela con Balbo…

Però Aldo Gaiba era davvero amico di Freda. Ed ha fatto alcune affermazioni nell’ultimo processo su Piazza Fontana, quello a carico di Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Giancarlo Rognoni, dicendo…

Gente che non c’entrava nulla…

Noi non ne siamo molto convinti… E peraltro la Cassazione, proprio in quell’ultimo verdetto, ha parlato chiaramente di colpevolezza per Freda e Ventura, anche se non più processabili in quanto precedentemente assolti con formula definitiva.

Freda e Ventura sono una cosa. Gli altri non direi… Comunque cosa disse Gaiba?

Che Freda veniva spesso a Ferrara nei primi anni ’70. Lei perlomeno ha mai partecipato ai comitati di solidarietà nei suoi confronti?

Che venisse a Ferrara può darsi. Per quanto riguarda i comitati, non vi ho mai partecipato. Quello che fa o dice Freda oggi non lo so. Per come l’ho conosciuto all’epoca posso dire: un uomo di cui non condividevo nulla, politicamente e ideologicamente, ma mi sembrava degno di stima umana. Lo dico anche pensando alla sua coerenza: è uno che si è fatto un bel po’ di carcere senza mai rinnegare il suo passato, senza arricchirsi, senza accusare altri per cavarsela. Di Ventura ho tutt’altro giudizio. E lui non ha accusato solo me…

C’è chi dice che Freda non poteva parlare perché qualcuno aveva in custodia i timer residui fra quelli acquistati per gli attentati, e quel qualcuno avrebbe potuto parlare, inguaiandolo parecchio…

Di queste cose non so nulla. Posso dirvi che, a mio avviso, il lavoro fatto da D’Ambrosio era sufficiente già all’epoca per mandare all’ergastolo Freda e Ventura. Loro di sicuro, gli altri non saprei… Secondo me sono stati salvati tutti non per la faccenda dei timer, ma perché i centri di potere hanno capito che era il caso di fermarsi, nel timore che spingendosi più in là si andasse a coinvolgere livelli politici ben più alti…

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