Vittorio è quello che porta sempre il basco. Paolo è l’altro, coi capelli bianchi. 82 e 80 anni. A dire il vero c’è anche un terzo Taviani, p8iù giovane, che per ritagliarsi un’area da cineasta autonoma si chiama Franco Brogi Taviani (ha inserito il cognome materno per distinguersi, tutti vengono come mio padre da San Miniato, chissà se c’è qualche legame lontano…). Ma torniamo ai due fratelli (che sarebbero tre, ma pazienza): hanno deciso di portare Rebibbia, quelli di Rebibbia dentro il cinema. L’alta sicurezza, a volte il fine pena mai, insomma, mentre fanno teatro. Che grande idea. Ecco il film che ha vinto ieri a Berlino, “Cesare deve morire”.
Portare il teatro fatto dai detenuti, Shakespeare. Stavolta è il “Giulio Cesare”. Ma la compagnia che i Taviani portano sul grande schermo viene da lontano, ha messo in scena parecchio Shakespeare.
Cosimo Rega, Salvatore Striano, Giovanni Arcuri, Fabio Cavalli, Francesco Carusone, Antonio Frasca, Maurilio Giuffreda, Vincenzo, Gennaro, Antonio…Tutti detenuti dell’alta sicurezza.
Cosimo Rega detenuto che qui trionfa era Prospero nella “Tempesta” messa in scena dal regista Fabio Cavalli. Ricordo allora Raffaele Rescigno (Sebastiano), Emmenike (Calibano), Basilio Cariati (Nostromo), Ennio Proietti (Alonso), Giovanni Pistillo (Antonio), Carmelo Romeo (Gonzalo), Valentina Esposito (Miranda), Fabio Rizzuto (percussionista)…
Ecco nel carcere di lunga detenzione alcuni sono gli stessi, altri sono cambiati, quello che voglio dire è che la scelta dei Taviani onora un lungo percorso di lavoro e crescita umana. Nonostante il grigio e angusto carcere.