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Brescia, venerdì la decisione della Corte per la richiesta della Procura sul dibattimento e nuove prove

Processo per la strage di Brescia: lunga prima udienza a Brescia fino al tardo pomeriggio per mettere a fuoco le richieste della Procura, che chiede di andare oltre le 14 udienze canoniche previste e riaprire il dibattimento su vari punti. La richiesta è stata ovviamente contestata dagli avvocati degli imputati, in particolare da Franchini che cura la difesa con un nugolo di altri legali di Delfo Zorzi, l’accusato che risiede in Giappone. La corte presieduta da Enzo Platé, giudice a latere Massimo Vecchiani, e la giuria popolare, si riunirà venerdì mattina e alle 11 risponderà sul problema posto.

Ma quali sono i nodi più importanti delle richieste della Procura?

Wilma Petenzi, la cronista giudiziaria che ha seguito con attenzione per Bresciaoggi il processo di I grado e che ora è passata al dorso bresciano del Corriere della Sera  li ha riassunti oggi così:

“Per l’accusa le prove ci sono già nei 140 faldoni del primo grado. I pm ritengono siano sufficienti, ma ne vogliono portare altre per dimostrare che Carlo Digilio era attendibile, che le sue rivelazioni non sono carta straccia, che le cene organizzative a Rovigo e a Colognola ai Colli non sono frutto della sua fantasia, dell’ictus e della necessità di essere curato e assistito. E la bomba che Digilio disse di aver visto nella valigetta di Marcello Soffiati era proprio quella infilata nel cestino di piazza della Loggia.
Il 27 gennaio i pubblici ministeri Francesco Piantoni e Roberto Di Martino hanno depositato la richiesta di rinnovazione del dibattimento. L’accusa chiede che sia sentito l’ispettore Michele Cacioppo e anche altri testi per dimostrare l’esistenza del casolare di Paese, di cui parla Digilio. Per i pm è anche da acquisire la documentazione bancaria, già sotto sequestro, che evidenzia i debiti di Digilio nei confronti di Giovanni Ventura a dimostrazione dei rapporti tra i due. L’accusa chiede pure che siano sentiti i primi periti Romano Schiavi e Alberto Brandone: per loro in piazza Loggia scoppiò dinamite, proprio come sostenuto da Digilio e non tritolo, come concluso dai periti nominati dalla corte d’assise. Da sentire anche Fulvio Felli, l’ufficiale dei carabinieri che assoldò Tramonte nel Sid: deve spiegare la retrodatazione delle «veline». E ancora, vanno approfonditi i rapporti tra Delfino e Ermanno Buzzi (condannato all’ergastolo per la strage in primo grado e assolto in appello dopo la morte nel carcere di Novara).
La richiesta di rinnovazione è il primo nodo che deve affrontare la corte questa mattina, subito dopo l’applicazione dei due pubblici ministeri e il giuramento dei giudici popolari.
Già in giornata, salvo una riserva, la corte potrebbe decidere se il processo si limiterà alle 14 udienze già fissate (tutti i martedì e i venerdì di febbraio e di marzo) o se verrà dato spazio all’accusa e si sentiranno i testi richiesti.
A mischiare le carte anche l’integrazione su cui sta lavorando la procura, la pista veronese. Le parti civili temono che le indagini basate sulle rivelazioni del collaboratore Giampaolo Stimamiglio che attribuisce a un veronese (aveva meno di 17 anni il 28 maggio del 1974) si trasformino in un boomerang per l’accusa”.

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