Informazioni che faticano a trovare spazio

Heinz Thunath: ritrovata la lista dei detenuti di Regina Coeli inviati alle Fosse Ardeatine, a firmarla è questo ufficiale finora sfuggito ai giusti processi

Era nelle casse di documenti conservati al Museo di via Tasso. Tre fogli, provenienti da tre archivi diversi, nell’insieme è la lista dei detenuti di Regina Coeli prelevati per la strage delle Fosse Ardeatine. Ma la scoperta forse più importante è il nome che sigla quella lista, quello di un ufficiale passato moltro velocewm3ente  nel dibattimento che nel ’48 vide alla sbarra il colonnello Herbert Kappler (poi condannato nel ’53 all’ergastolo), un ufficiale di nome Heinz Thunath. E’ Thunath infatti a firmare la lista dei detenuti (oltre 270) da  avviare alle Fosse Ardeatine.
Thunath è il nome di un criminale di guerra che l’ha finora fatta franca. Ad aprire il fuoco su questi macabri rappresentanti delle Ss è stato nei giorni scorsi uno storico tedesco che ha identificato molti gerarchi tedeschi sfuggiti per volontà del governo italiano e di quello  tedesco negli anni ’50 ai processi che avrebbero potuto essere fatti contro di loro.

Nei giorni scorso lo Spiegel ha  accusato in modo diretto i govrni, soprattutto quello italiano (è noto che dietro l’armadio della vergogna ci sono i governi di Scelba e di  Martino, il liberale ministro degli esteri negli anni ‘50), per aver impedito processi ai carnefici e aver permesso una sorta di amnistia di fatto. L’Italoia doveva accontentarsi del processo a Kappler condannato nel ’53 all’ergastolo.

Che cosa ha scoperto lo Spiegel? Che alla fine degli Anni ’50 fu il governo italiano decise di non perseguire i responsabili dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, per cui sono stati chiamati a rispondere solo Herbert Kappler ed Erich Priebke.
Lo Spiegel ha pubblicato i risultati di una ricerca dello storico berlinese Felix Bohr basata su documenti rinvenuti nell’Archivio politico dell’Auswaertiges Amt (AA), il ministero degli Esteri tedesco.
Lo storico ha trovato la corrispondenza intercorsa nel 1959 tra l’ambasciata tedesca a Roma e l’AA, da cui emerge che diplomatici italiani e tedeschi lavorarono insieme per evitare che i complici di Kappler venissero chiamati a rispondere dei loro crimini davanti alla giustizia italiana.
Il consigliere d’ambasciata tedesco dell’epoca a Roma, Kurt von Tannstein, iscritto al partito nazista dal 1933, scriveva che l’obiettivo “auspicato da parte tedesca e italiana” era di “addormentare” le indagini sull’eccidio del marzo 1944 in una cava della Citta’ eterna in cui morirono 335 civili e militari italiani.
Il settimanale di Amburgo scrive che “l’iniziativa parti’ dal governo italiano” perché i dirigenti democristiani non avevano interesse a chiedere l’estradizione dei responsabili dell’eccidio residenti in Germania. Un diplomatico italiano di rango elevato spiego’ infatti che “il giorno in cui il primo criminale tedesco verrà estradato, ci sarà un’ondata di proteste in altri Paesi che a quel punto chiederanno l’estradizione dei criminali (di guerra, ndr) italiani”.
L’altro motivo dei governanti italiani era di non turbare i buoni rapporti con la Germania di Konrad Adenauer, alleata nella Nato, ma anche quello di non fornire un vantaggio propagandistico al Partito comunista italiano.
I documenti scoperti dallo storico Bohr rivelano adesso il contenuto di un colloquio che l’ambasciatore tedesco Manfred Klaiber ebbe nell’ottobre 1958 con il capo della procura militare di Roma, colonnello Massimo Tringali, che si era recato in ambasciata. Klaiber scrisse a Bonn come “nel colloquio il colonnello Tringali” avesse “espresso che da parte italiana non c’è alcun interesse a portare di nuovo all’attenzione dell’opinione pubblica l’intero problema della fucilazione degli ostaggi in Italia, in particolare di quelli alle Fosse Ardeatine”.
Tringali precisava che ciò “non era auspicato per motivi generali di politica interna”. Per questo il colonnello “esprimeva l’auspicio che dopo un doveroso ed accurato esame le autorità tedesche fossero in grado di confermare alla Procura militare che nessuno degli accusati era più in vita o che non era possibile rintracciare il loro luogo di residenza, oppure che le persone non erano identificabili a causa di inesattezze riguardo alla loro identita’”.
Il risultato fu che nel gennaio 1960 dall’AA di Bonn arrivò all’ambasciata tedesca a Roma la risposta che nel caso della maggior parte dei ricercati “non e’ possibile al momento rintracciare il luogo di residenza”.
Invece le ricerche dello storico berlinese hanno invece accertato che uno dei criminali di guerra ricercati, Carl-Theodor Schuetz, che aveva comandato il plotone di esecuzione alle Fosse Ardeatine, lavorava presso il ‘Bundesnachrichtendienst’, i servizi segreti tedeschi. Anche Kurt Winden, che secondo Kappler aveva collaborato alla scelta degli ostaggi da fucilare, sarebbe stato facile da rintracciare, poiché nel 1959 era il responsabile dell’ufficio legale della Deutsche Bank a Francoforte.
Per quanto riguarda invece l’Obersturmfuehrer Heinz Thunath, il suo indirizzo era “noto” nel 1961, ma un funzionario dell’AA scrisse a Klaiber e Tannstein di comunicare agli italiani che “su Thunath non si è in grado di fornire informazioni”. Il risultato finale di tutta la vicenda fu che il procedimento per gli altri responsabili dell’eccidio alle Fosse Ardeatine venne archiviato in Italia nel febbraio 1962.

E invece è proprio Thunath, come rivelano ora le carte ritrovate al Museo di via Tasso, a firmare la lista dei detenuti prelevati a Regina Coeli. Com’è noto Kappler mise insieme poi una lista di 270 detenuti tra Regina Coeli e il carcere di via Tasso da mandare a morte alle Ardeatine. A questa lista si aggiunse poi quella redatta dal questore Caruso, altri 50 /(in realtà poi ad abundantiam diventarono 55), questi ultimi invece che dal terzo braccio provenivano tutti dal sesto ed erano i cosiddetti detenuti politici.

La lista ora ritrovata dice dunque che è stato il maggiore Heinz Thunath a definire invece la lista. E Thunat seppure comparso di sfuggita nel processo base delle Ardeatine, quello celebrato tra il 48 e il 53 a Roma contro Herbert Kappler poi condannato all’ergastolo. Alla sbarra nel 48 infatti finirono con Kappler ìl maggiore Borante Domizlaff,  il capitano delle Ss Hans Clemens; il maresciallo capo Ss Johannes Quap, il maresciallo Kurt Schutze, il sergente maggiore delle Ss Karl Wiedner e Haas. E tutti gli altri aguzzini? Dall’ombra ecco tornare fuori ora il maggiore Heinz Thunath.  Un paese vero se lo farebbe consegnare dalla Germania, E lo processerebbe per strage.

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