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Mohamed Amine ancora “imprigionato” nel Cie di Ponte Galeria

Mohamed Amine, poco importa alla polizia italiana che abbia organizzato la “rivoluzione dei gelsomini” in Tunisia, qui da noi – come abbiamo già denunciato giorni fa in questo blog – è stato arrestato e portato nel Cie di Ponte Galerkia. Oggi Alessandra Coppola se ne occupa per il Corriere della Sera, ecco l’articolo del 3.12.11:

non aveva il permesso di soggiorno

Lo strano trattamento riservato in Italia a un’esponente della «Primavera tunisina»

Mohamed Amine è da circa un mese nel Cie di Ponte Galeria a Roma e spiega: «Mi sono messo contro quelli dell’ambasciata»

Dall’organizzazione delle elezioni per la Costituente tunisina in Italia a una cella del Cie di Ponte Galeria a Roma. Che cosa è successo a Mohamed Amine Chouchane? «Mi sono messo contro quelli dell’ambasciata», dice lui. La storia è complicata e ambigua. Ci sono la burocrazia italiana, le conseguenze di una sanatoria che si è prestata alla truffa, il vento della rivoluzione araba (e degli scontri tra vecchio regime e nuovi protagonisti) che è arrivato pure da questa parte del Mediterraneo.

LA BIOGRAFIA — Giovane oppositore al governo Ben Ali, Mohamed Amine racconta di aver avuto molti problemi in patria, anche a completare gli studi, al punto che appena diciannovenne approfitta di una gita scolastica e resta a Marsiglia. Irregolare per un anno in Francia, nel 2006 attraversa il confine e arriva in Italia. Lavori saltuari, ma anche di responsabilità: ha una discreta cultura, parla bene inglese e francese.

LE ELEZIONI – Nella comunità lo conoscono e si fidano: alla caduta di Ben Ali, lo scelgono come segretario generale dell’Istanza regionale indipendente per le elezioni (Irie) in Italia. «Ha fatto un buon lavoro – si spende per lui Adnane Mokrani, docente alla Pontificia Università Gregoriana —: ha mostrato grande capacità, si è dedicato totalmente all’organizzazione». In uno dei tre giorni di voto all’estero, il 21 ottobre l’avevamo incontrato elegante ed efficiente ai seggi allestiti presso il Consolato tunisino di Milano.

LE CARTE — Resta un problema di permesso di soggiorno: il ragazzo è tra le migliaia di truffati nell’ultima sanatoria (per colf e badanti). Un finto datore di lavoro italiano si è fatto consegnare 4 mila euro di presunte «spese» per assumerlo. Ma non si è poi mai presentato alle convocazioni per firmare il contratto. In attesa della comunicazione che avrebbe ufficialmente rigettato la richiesta di regolarizzazione, Mohamed, però, è stato a sorpresa arrestato nella notte tra il 3 e il 4 novembre in un albergo romano e portato al Cie.

I DUBBI — Una solerzia sospetta, dicono i suoi difensori, come se qualcuno avesse premuto per accelerare i tempi dell’espulsione. Le voci raccolte nella comunità tunisina parlano di uno scontro, anche in Italia, tra funzionari e diplomatici legati al vecchio regime (la transizione è in corso: ancora pochi sono stati sostituiti) e gli entusiasti del nuovo corso, come Mohamed. Un secondo episodio è inquietante. Pochi giorni fa un uomo ben vestito sarebbe entrato in cella per «portarlo via», denuncia il ragazzo: un’espulsione «speciale»? Un trattamento diverso da quello degli altri tunisini raggruppati in 20-30 e portati via tutti insieme con i voli del lunedì e del giovedì?

LA VOCE — Rinchiuso nel Cie da quasi un mese, Mohamed Amine Chouchane racconta di condizioni difficili: il freddo, la luce accesa oltre l’una di notte, i pasti scarsi. Ha ricevuto la solidarietà di parlamentari italiani e dalla Tunisia è arrivato addirittura il presidente dell’Istanza per seguire il suo caso. L’avvocato Luigi Leoncilli è ottimista: il decreto di espulsione è pieno di errori, la documentazione per il ragazzo è notevole, in molti si sono mossi e qualcuno ha anche offerto un lavoro vero. «Ho depositato tutto al giudice di pace per contestare l’espulsione». Il professor Mokrani e altri nella comunità chiedono, però, che venga fatta luce anche sul «particolare trattamento» riservato a un esponente della Primavera araba all’estero.

Alessandra Coppola

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