Montefano (Mc). Prendi la fabbrica e scappa. Non è il titolo di un film, ma l’incredibile vicenda che si è consumata nella notte di Halloween nelle Marche. Una storia emblematica dei tempi in cui viviamo, dove elite finanziarie e multinazionali decidono le sorti delle persone con scelte spietate. Agiscono di notte come i ladri e si portano via i macchinari. Siamo a Montefano, piccolo comune del maceratese a confine con la provincia anconetana. Poco più di 3600 abitanti. Poche piccole imprese artigiane e un unico insediamento aziendale, la Best che occupa 126 persone. E qui che si è verificato il misfatto. L’azienda fa parte del gruppo omonimo che, dal 1995, a sua volta è proprietà della Nortek, una multinazionale americana di Providence. E’ leader nel Nord del Paese per quanto riguarda i sistemi di ventilazione domestica e industriale. In Europa ha tre stabilimenti nel settore delle cappe. Due in Italia, nelle Marche. Il primo è a Montefano, l’altro a Cerreto d’Esi e occupa 230 addetti. Il terzo è stato aperto qualche anno fa in Polonia a Zabre e vi lavorano 250 operai. Lo stabilimento di Montefano produce motorini e convogliatori, a Cerreto si fanno solo le cappe, mentre in Polonia il ciclo produttivo è completo, con una flessibilità selvaggia, tanto che gli occupati variano secondo il periodo e il numero di 250 è estremamente elastico.
L’impianto di Montefano come ci racconta Rossella Marinucci della Fiom di Macerata, recentemente ha visto cambiare per ben tre volte il gruppo dirigente. L’ultimo si è insediato nel 2010. “Il gruppo – racconta Rossella – negli ultimi tempi ha iniziato ad avere un calo di fatturato, ma qui a Montefano la fabbrica ha sempre continuato a lavorare con un suo equilibrio economico, con un bilancio in attivo, seppur di poco, anche nei periodi peggiori. Anche la produttività, al 92%, è stata buona con un’alta capacità professionale dei lavoratori”. I quali sono in prevalenza donne, molto giovani e spesso componenti di uno stesso nucleo famigliare. “Abbiamo avuto periodi – prosegue la Marinucci – in cui abbiamo utilizzato gli ammortizzatori sociali. A Montefano per un paio di anni il contratto di solidarietà, a Cerreto la cassa integrazione straordinaria, però tutto si manteneva all’interno del contesto generale di crisi”. Ma con l’arrivo dell’ultimo management le cose sono cambiate. “Sin dall’inizio abbiamo avuto l’impressione che volessero ridimensionare il tutto. Prima di questa estate hanno manifestato la preoccupazione che gli americani non volessero pareggiare i conti in rosso. Ad agosto ci è stato detto che avrebbero presentato un piano industriale per riorganizzare il gruppo”. Il campanello di allarme vero e proprio arriva quando il cliente principale fa improvvisamente un ordinativo assurdo, praticamente quello che normalmente chiedeva in un anno. Dunque un ordine di scorta. Ma la proprietà, dall’America, continua ad assicurare sulle sue buone intenzioni. Fino al truffaldino epilogo. L’ultimo incontro con i sindacati si svolge il 19 ottobre. Viene aggiornato al 31 con l’intenzione, finalmente, di entrare in merito al piano industriale. Ma lunedì la direzione comunica che la settimana, visto il ponte del primo novembre e il “possibile calo di produzione”, lo stabilimento di Montefano rimarrà chiuso. Sconcerto tra gli operai che non avendo ammortizzatoti sociali attivi devono prendere le ferie. Ma nessuno può prevedere quello che accade nella notte delle streghe e quella successiva. Una squadra di operai fatta venire apposta dalla Polonia smantella completamente tutte le linee produttive e svuota la fabbrica. Una cosa che crediamo non abbia precedenti in Italia. “Ce ne siamo accorti perché il responsabile della produzione ha telefonato mercoledì mattina informandoci che il gruppo ha deciso di chiudere lo stabilimento di Montefano. Nel giro di quindici minuti ha poi telefonato ai fornitori per avvisarli che lì non ci sarà più nessuna produzione e tutto verrà trasferito in Polonia. Ripensandoci venerdì 28, all’ultimo turno, degli incaricati della proprietà si sono messi a cambiare le serrature con la scusa che c’erano stati dei furti. Ma chi si poteva immaginare una cosa del genere?”. Da ieri i lavoratori sono tutti in presidio permanene fuori dai cancelli della fabbrica. Completamente vuota.
Sergio Sinigaglia
(dal Manifesto)