Informazioni che faticano a trovare spazio

Gianni Letta, lo statista. Come per Nicola Calipari…

Gianni Letta. Grande senso dello Stato. Come ha rivelato Wikileaks. Su Nicola Calipari (nella foto). Ecco per chi ha dimenticato molto velocemente, è il 2 maggio 2005  e gli americani incontrano i nostri governanti, con Letta in testa in rappresentanza di Berlusconi più Fini a dargli manforte. Ecco quanto è bene ricordare su questo forbito signore abruzzese il cui grande fondamentale vanto – diciamocelo – è stato di essere stato a lungo il direttore del Tempo. Ma ricordiamoci di quanto ha rivelato il dispaccio dell’ambasciata americana a Roma, pubblicato da Wikileaks. Ecco: 

Il governo italiano voleva «lasciarsi alle spalle» il caso di Nicola Calipari e il rapporto italiano sulla morte dell’agente dei servizi uccisi da un soldato americano in Iraq, sostenendo la tesi del «tragico incidente», puntava a scoraggiare un processo penale e un’inchiesta parlamentare. È quanto si legge in un dispaccio inviato dall’ambasciatore americano Mel Sembler il 3 maggio 2005, diffuso da Wikileaks, citato oggi sul Guardian.

Il dispaccio riferisce di colloqui con alti funzionari del governo italiano avvenuto il 2 maggio in merito al rapporto preparato da Roma, che doveva essere diffuso quello stesso giorno.

Incontro che avvenne nell’ufficio di Silvio Berlusconi, presenti l’allora ministro degli Esteri Gianfranco Fini, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, l’allora consigliere diplomatico di Berlusconi, Gianni Castellaneta, il capo del Sismi Niccolò Pollari. Il presidente del Consiglio era invece assente.

Gli italiani, si legge nel dispaccio, evidenziarono alcuni punti: il governo italiano non voleva che «questo incidente avesse effetti negativi sulle eccellenti relazioni bilaterali» e sull’impegno italiano in Iraq. Inoltre «il governo italiano vuole porsi l’incidente dietro le spalle e spera che il rapporto serva a questo». Il dispaccio sottolinea che Berlusconi sarebbe intervenuto in parlamento il 5 maggio e che riteneva «utile» una precedente telefonata da parte del presidente americano George Bush per poterla citare in aula.

Il rapporto italiano, scrive ancora Sembler, sosteneva la tesi del «tragico incidente» e la mancanza di prove che la morte di Calipari fosse stata intenzionale. «Questo ultimo punto -si legge nel dispaccio- era stato messo a punto in modo specifico per scoraggiare ulteriori inchieste da parte della magistratura, dato che apparentemente, in base alla legge italiana, si può indagare sui casi di omicidi intenzionale di cittadini italiani all’estero, ma non nei casi omicidi non intenzionali».

Nel dispaccio si aggiunge però che gli interlocutori italiani hanno avvertito che i magistrati «sono noti per piegare tali leggi ai loro obiettivi» e pertanto biosgnerà vedere «se la tattica del governo italiano potrà funzionare». Infine, il cablogramma riferisce che il governo italiano «bloccherà i tentativi delle commissioni parlamentari di avviare inchieste (ci sono già diverse richieste da parte dell’opposizione) sostenendo che questo rapporto risponde alle domande in modo sufficiente».

Nel dispaccio si sottolinea che il rapporto italiano cavilla rispetto a vari punti di quello americano, ma che non è nell’interesse di Washington «attaccare la versione italiana punto per punto». «Se il governo italiano apparirà sleale verso i propri funzionari» o sembrerà voler compiacere gli americani «le conseguenze per il governo Berlusconi e l’impegno italiano in Iraq sarebbero gravi», nota il cablo diplomatico.

Durante l’incontro, si legge, l’ambasciatore Sembler sottolinea come gli americani condividano il desiderio italiano di porsi l’incidente alle spalle. Fini afferma allora che «l’Italia non può lamentarsi della cooperazione da parte americana» e che avrebbe chiesto a Berlusconi di sottolineare questo fatto nel suo intervento in Parlamento. Il dispaccio raccomanda quindi di organizzare nei giorni successivi una telefonata fra il segretario di Stato americano e Fini per confermare che Washington condivide il desiderio americano di lasciarsi l’incidente alle spalle.

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