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Gli indignati al Presidente Napolitano: “Da Tunisi a New York questa generazione ha imparato ad alzare la testa…”. Oggi in corteo al ministero dell’Economia

Gli indignados tornano in marcia a Roma. Un corteo è partito spontaneamente dalle scale del Palazzo delle Esposizioni, dove sono accampati da mercoledì per protestare contro la crisi finanziaria. I manifestanti si sono diretti verso al ministero dell’Economia in via XX Settembre dove hanno urlato i loro slogan contro il governo. Alla testa del corteo un drago gigante ( simbolo dei «Draghi ribelli» che organizzano la protesta) che ha a lungo cercato di superare gli sbarramenti delle forze dell’ordine che circondano le vie d’uscita di via Nazionale. «Il dragone dove va? Non c’é nessuno che lo sa», cantano i manifestanti. Via Nazionale e le strade limitrofe sono chiuse al traffico: «Se non passa il dragone non passa nessuno e Roma anche oggi è bloccata».

E questo è il testo che ieri hanno indirizzato al presidente Napolitano.

IL MANIFESTO DEGLI INDIGNATI – Roma 15 ottobre

 

di Indignati Italiani

Lettera aperta al Presidente Napolitano

Caro Presidente Napolitano,

in Italia non si fa altro che parlare di giovani. La questione è semplice: c’è una generazione esclusa dai diritti e dal benessere, che oggi campa grazie al welfare familiare, e sulla quale si sta scaricando tutto il peso della crisi. La questione non si risolve togliendo i diritti a chi li aveva conquistati (i genitori), ma riconoscendoli a chi non li ha (i figli) e per far questo ci vogliono risorse.

Ora ci chiediamo, come è possibile invertire la tendenza e promuovere delle politiche per le giovani generazioni prendendo sul serio le lettere estive di Trichet e Draghi? Come è possibile farlo se il pareggio di bilancio diventa regola aurea, da inserire nella
Costituzione di cui Lei è garante?

Caro Presidente, garantire e difendere la Costituzione oggi vuol dire rifiutarsi di pagare il debito, così come consigliano diversi premi Nobel per l’Economia; vuol dire partire dai 27 milioni di italiani che hanno votato ai referendum; vuol dire partire dalle mobilitazioni giovanili e studentesche che da anni, inascoltate e respinte, hanno preteso di cambiare dal basso la scuola e l’università, chiedendo risorse e democrazia; vuol dire partire dalla domanda diffusa nel Paese di un nuovo sistema di garanzie, che tenga conto delle differenze generazionali, ma che non metta le generazioni l’una contro l’altra: così si tiene unita l’Italia!

Sarebbe un atto di giustizia fare in modo che la crisi la paghino coloro che l’hanno prodotta: con una tassazione delle rendite finanziarie, delle transazioni, dei patrimoni mobiliari e immobiliari. Bisognerebbe avere il coraggio, dopo il disastro del ventennio berlusconiano e della Seconda Repubblica, di costruirne una terza di Repubblica, fondata sui beni comuni e non sugli interessi privati. La invitiamo a riflettere, perché questa generazione tradita non si arrenderà, ma da Tunisi a New York ha imparato ad alzare la testa.

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