Ricevo da Raja Elfani questa messa a fuoco su Istanbul. Raja, tunisina, coglie un “giro” turco-arabo che così descrive (nella foto Erdogan a Tripoli):
Bando per esito arabo
Da Istanbul – Raja Elfani
Erdogan in Libia dopo il rinvio dell’ambasciatore israeliano, una notizia strategicamente importante per il polo arabo-musulmano, semmai questo prenderà forma.
Qui ad Istanbul sono più le contraddizioni dei sincretismi. Il ritratto inevitabile dell’osannato Ataturk rimanda ad una pratica severa sotto Ben Ali, la polizia obbligava ogni attività a procurarsi una foto del presidente proporzionale al prestigio commerciale. Ma ad Istanbul è prosaicità, un nazionalismo dall’icona obsoleta.
Gokse, una designer dell’Ikea locale, nel suo ampio salotto di Osmanbey, quartiere al nord di Taksim, parte europea, quasi rinnega le sue origini islamiche pregando per l’ingresso della Turchia nella CEE. Parla di demagogia pro-islamista riferendosi alla recente decisione contro Israele, ed è offesa dal gusto arabo nelle illuminazioni della città mentre elabora un 3D per un hotel degli Emirati. Burcu, in armonia tra tradizione musulmana e mondanità, è tornata sulla lussuosa riva di Kanlica, parte anatolica tra i due ponti monumentali della megalopoli, dopo uno stage all’ambasciata di Roma. Il suo incarico ufficioso era di respingere i Kurdi. Non crede di poter più proseguire la carriera diplomatica. Saglar, architetto della periferia sud di Istanbul, sposerà Pinar insegnante di inglese di Ankara, con cautela e pudore schivano l’argomento religioso annaffiando la cena di raki. Il produttore discografico Ali, dal 1972 pendolare tra Parigi e Istanbul, celebra il matrimonio della figlia con un tedesco sull’isola Burgazada, in una splendida çikma, tipica villa ottomana tutta di legno. A tavola, rinnega in blocco comunismo e islam come tabù sorpassati, ma ha nella voce un’irrisolta emozione quando accenna le prime note dell’Uluslararasi, l’Internazionale in turco.
Prima di concludere il suo tour del Maghreb, Erdogan era passato in Tunisia seminando la sua ricetta per una democrazia islamica. Ghannouchi, leader del partito islamista Ennahdha, favorito nei sondaggi preelettorali, svela lo stesso giorno il suo programma sorprendendo l’opinione tunisina con qualche compromesso e rompendo con la linea dura dell’antioccidentalismo.
Turchia e Tunisia condividono il simbolo pagano della vittoria di Venere su Marte sulle loro bandiere dal 1574, quando il pirata Barbarossa prese Tunisi agli Spagnoli, e oggi i due paesi gareggiano sul fronte ideologico della laicità sotto gli occhi dei politici internazionali. Dopo l’effervescenza comunque il clima mondiale è allo scetticismo. Liberali o no-global, progressisti od oscurantisti, non si sa cosa aspettarsi da questa fase dai facili risvolti che pur insiste nella neutralità.
Intanto, una nave da guerra perlustra diffidente, dal Mar Nero al Marmara, tutto il Bosforo, preziosa quanto impalpabile striscia di incontro. _ Raja Elfani