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Messina Denaro, il camaleonte

Matteo Messina Denaro, Diabolik, la sua vita vera comincia il 30 novembre del ’98. Fino a quel momento Matteo Messina Denaro è stato il figlio di don Ciccio, un killer certo, ma non  il capo della mafia.

Dovnel novemfre ’98 e viene trovato il corpo esanime di Francesco – la morte è naturale – è  un posto nella campagna di Castelvetrano non  lontano da dove nell’agosto del 1980 è stato ucciso il sindaco dc di Catelvetrano, Vito Lipari. La latitanza di suo figlio Matteo è iniziata cinque anni prima, nel ’93. Lì, in quella terra, si sono acquartierati per anni sotto i Messina Denaro personaggi come Totò Riina e Mariano Agate. Lì’ è andato a cercare appoggi Licio Gelli.

Il giovane Matteo si mette presto in luce. Partecipando nel ’95 con Leoluca Bagarella e Giuseppe Graviano all’attentato fallito contro Rino Germanà, il capo della mobile di Trapani poi attivo a Marsala a fianco di Borsellino. U episodio da vero Fasr West.

E poi in quell’anno Matteo si beccherà l’ergastolo insieme a Riina e Provenzano per l’oindata stragista..

Da allora è  latitant. Si muove molto, si dice che sia inafferrabile. Lo dipingono come il capo incontrastato di Cosa Nostra oggi.

Un buon libro su di lui l’ha scritto poco tempo fa Fabrizio Feo del Tg3: si chiama “Matteo Messina Denaro, la mafia del camaleonte” (Rubbettino editore).

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