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I carabinieri cercano il testimone della scomparsa del fisico Majorana

Ettore Majorana, i carabinieri indagano. Sarà riascoltato un teste che tempo fa dichiarò di averlo visto a Buenos Aires nel dopoguerra.

Era un po’ la convinzione di Leonardo Sciascia, che aveva sempre optato per una fuga volontaria e non per la scomparsa accidentale da quel piroscafo Napoli Palermo su cui era scomparso il geniale fisico di via Panisperna (nella foto sotto, a destra, insie me alle sorelle e al padre). E Leonardo, anche a voce, era convinto che l’avesse fatto per il terrore che le nuove scoperte a cui stava collaborando gli avevano messo addosso. Del resto questo è il senso del suo libricino dedicato a Majorana pubblicato nel 1975. Quando ho conosciuto Sciascia – era il 1977 – naturalmente gli chiesi di dire qualcosa in più rispetto a quanto aveva appena pubblicato. Sciascia, uomo di poche parole, mi disse: “Majorana si è perso nel terrore di ciò che aveva intuito”. Sciascia ne era convinto.

I carabinieri del nucleo investigativo di Roma ascolteranno il testimone che in un’intervista televisiva ha detto di aver visto a Buenos Aires alla fine della seconda guerra mondiale, Ettore Majorana, il fisico catanese nato nel 1906 e scomparso misteriosamente nel 1938, a soli 32 anni.

Della vicenda si è parlato anche in occasione di una puntata di «Chi l’ha visto». Fu intervistato un italiano, emigrato in Venezuela a metà degli anni 50, il quale espresse il convincimento di aver frequentato a lungo Majorana, anche se questi non gli avrebbe mai rivelato la propria identità.

A settantatrè anni di distanza dalla sua scomparsa, dunque, la Procura di Roma ha di fatto riaperto il caso – mai risolto – della scomparsa del fisico, al quale si devono numerose intuizioni, tra cui quella del neutrino, la particella misteriosa che da decenni anima il dibattito scientifico. Proprio come il mistero sulla sparizione del catanese affascina e fa discutere schiere di biografi e semplici appassionati. L’ultima volta che fu visto si stava imbarcando da Palermo su un battello diretto a Napoli. Ma nella città del Golfo, Ettore Majorana, tra le menti più brillanti della fisica, uno dei  «ragazzi di via Panisperna» di Enrico Fermi, non arrivò mai. Il giovane scienziato si dileguò nel nulla. Il giallo, negli ultimi giorni si è arricchito di nuovi indizi, portati alla luce da Erasmo Recami, il maggiore biografo del fisico.

Tormentato e geniale, Majorana ebbe una vita fuori del normale. Era uno spirito libero dotato di una straordinaria vena polemica. Spesso polemico al limite dell’offesa nei confronti dei suoi insegnanti, ai quali contestava mancanza di preparazione o «miopie» scientifiche – tanto da meritare il soprannome di «Grande Inquisitore» – era stato un bambino prodigio e poi un giovane fisico teorico estremamente promettente. Ettore Majorana era nato il 5 agosto del 1906 da una delle migliori famiglie di Catania. Quarto di cinque fratelli che si distinsero tutti in qualche campo particolare: chi nella giurisprudenza, chi nell’ingegneria, chi nella musica. Uno zio, Quirino, era un grande nome della fisica sperimentale; un altro, Dante, rettore dell’Università di Catania.

«Da lontano appariva smilzo, con un’andatura incerta; da vicino si notavano i capelli nerissimi, la carnagione scura, le gote lievemente scavate, gli occhi nerissimi e scintillanti: nell’insieme l’aspetto di un saraceno». L’amico Edoardo Amaldi, nel 1927, lo ricordava così, mentre insieme al compagno di corso Emilio Segrè arrivava al Regio Istituto di Fisica di via Panisperna, a Roma. Tutti e tre avevano frequentavano la facoltà di Ingegneria, poi si erano lasciati convincere dall’appello di Orso Mario Corbino, direttore dell’Istituto, a passare agli studi di fisica approfittando del fatto che l’astro nascente della fisica, Enrico Fermi, era venuto a insegnare fisica teorica a Roma proprio nell’Istituto diretto da Corbino. Le sue tracce si persero sul postale che da Palermo lo avrebbe dovuto portare a Napoli, il 26 marzo del 1938. La famiglia fece di tutto per rintracciarlo: indisse anche un premio, enorme per l’epoca, per avere notizie. Ma non trapelò mai nulla di certo.

Un enigma a cui si sono date varie soluzioni: suicidio, rapimento da parte di qualche Paese che conduceva studi atomici, crisi mistica e fuga in un convento. L’ipotesi che trovò più credito fu che si fosse buttato tra i flutti, ma il mare non restituì mai il suo corpo. Sul caso tornò Leonardo Sciascia che sul mistero che avvolge la morte di Majorana costruì uno dei suoi trattatelli. «La scomparsa di Majorana» uscì nel 1975. Sciascia presta fede all’ipotesi del ritiro assoluto, piuttosto che credere a fughe per interessi o al suicidio. Majorana, secondo l’ipotesi dello scrittore, potrebbe aver calcolato la potenza della fissione atomica qualche mese prima che l’avvenuta scissione dell’atomo fosse resa nota e ne giustificasse l’immaginazione. Il presagio di un orrore imminente lo avrebbe angosciato tanto da scatenare un conflitto interiore che l’avrebbe indotto a scomparire.

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