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Un nuovo Muro contro la miseria: la Grecia lo vuole al confine turco

La Grecia riscopre le Termopili. Ma stavolta non sono le armate di Dario a preoccupare i greci, ma quelle della miseria del terzo mondo. Un nuovo muro della vergogna sta per nascere accanto all’Evros (n ella foto il recupero di un migrante annegato), il fiume di confine con la Turchia in cui ogni mese annega qualcuno.Christos Papoutsis (sopra), ministro greco alla “protezione dei cittadini”, socialista del Pasok e già portavoce parlamentare del partito, con un passato di dirigente studentesco contro la Grecia dei colonnelli,  ha annunciato l’altro giorno in un’intervista all’agenzia Ana (Athens News Agency) che la Grecia pianifica la “costruzione di una rete divisoria ai confini con la Turchia per impedire l’ingresso di immigrati illegali”.

La struttura presa a modello è il muro realizzato in California, Arizona, Nuovo Messico e Texas lungo la frontiera con il Messico: la barriera greco-turca sarà lunga 206 chilometri e dotata di sofisticati sensori elettronici e strumenti per la visione notturna. Uomini armati di tutto punto presidieranno 24 ore al giorno il muro di lamiere e filo spinato con l’ausilio di veicoli terrestri ed elicotteri. Per chi riuscirà a superare la nuova trincea militare tra la “civile” Europa e l’ignoto universo del Sud ci sarà la deportazione in uno dei tanti campi-lager che popolano i centri di frontiera dell’Unione.

“In Grecia viene intercettato attualmente il 90% degli attraversamenti illegali dei confini dell’Unione europea”, affermano i rappresentanti di Frontex, l’Agenzia per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea. “Nella prima metà del 2010 sono stati registrati dalle autorità greche 45.000 attraversamenti illegali dei confini nazionali”, aggiunge Frontex. “È in atto uno spostamento rapido e brutale dei luoghi di passaggio delle frontiere marittime verso la frontiera terrestre greco-turca a nord del Paese. Si tratta in particolare di afgani o migranti arrivati dall’Algeria e da altri paesi del nord Africa, dal Pakistan, dalla Somalia e dall’Iraq”.

Christos Papoutsis non ha chiarito se l’Unione è stata informata del programma di allestimento del “muro” anti-immigrati con la Turchia, ma appare poco credibile che la decisione sia stata assunta unilateralmente dal governo greco.

Lo scorso mese di novembre, a seguito di una richiesta dello stesso ministro per la “protezione dei cittadini”, Frontex ha deciso d’inviare ad Orestiada, nella regione della Tracia, 175 specialisti dei Rapid Border Intervention Teams (RABIT) le squadre di intervento rapido create per essere utilizzate “in situazione d’emergenza nei momenti di forte flusso migratorio”.

Frontex è stata fondata con decreto del Consiglio d’Europa nel 2004 e la sede centrale è stata insediata a Varsavia nell’ottobre dell’anno successivo. Scopo ufficiale, quello di “assistere gli Stati membri in materia di formazione delle guardie di frontiera, seguire gli sviluppi nel settore della ricerca relativi al controllo e alla sorveglianza delle frontiere esterne, offrire il sostegno necessario per organizzare operazioni congiunte di rimpatrio”. La decisione di inviare i RABIT al confine greco-turco è giunta subito dopo che un funzionario delle Nazioni Unite ha denunciato come i migranti illegali sono “frequentemente tenuti in Grecia in condizioni disumane all’interno di centri  di detenzione sporchi e sovraffollati, controllati da poliziotti scarsamente formati”. Amnesty International, in un rapporto pubblicato nel luglio 2010, ha documentato il grave trattamento subito dagli immigrati detenuti nei campi e nei posti di polizia di frontiera. “Scarse se non inesistenti sono le possibilità di accedere all’assistenza sanitaria, sociale e legale”, scrive l’organizzazione per i diritti umani. “La detenzione prima dell’espulsione può durare fino a sei mesi per i richiedenti asilo e i migranti irregolari. Essi non vengono informati circa la durata della loro detenzione o sul loro futuro. Possono essere trattenuti per lunghi periodi di tempo in strutture sovraffollate dove i minori non accompagnati sono detenuti insieme agli adulti”. Amnesty ha inoltre raccolto diverse denunce di maltrattamenti a danno dei migranti da parte della guardia costiera e della polizia greca. Uno dei campi visitati nel giugno 2009 dalla ONG è quello che sorge nei pressi di Soufli, a pochi chilometri dalla città di Oristiade, attualmente “monitorato” dai RABIT di Frontex. “Più di 40 tra uomini e donne sono tenuti separatamente in due celle che sono piccolissime e sudice”, scrive Amnesty. “Non ci sono abbastanza materassi per tutti e i detenuti devono dormire in posizione seduta o nei bagni. La luce naturale e la ventilazione sono insufficienti. È stata denunciata la presenza di scorpioni, insetti e serpenti all’interno delle celle. Segni di morsi di insetti sono visibili nelle braccia e nelle gambe di alcuni degli immigrati”.

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