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Speriamo che sia femmina…

Speriamo che sia femmina? Povero Monicelli. Se n’è andato in tempo. Chissà se ora rifarebbe il suo film post femminista. Perché in questa Italia piccina piccina emergono un sacco di famigliole che stanno usando le loro figlie più o meno prosperose, più o meno ritoccate, più o meno furbe, come puttane. Hanno sperato che i figli fossero femmine, ora cercano di trarne il massimo profitto. Prostituendole. Lo dicono padri, madri, sorelle e chissà quant’altri, in queste telefonate invereconde che ci tocca leggere nell’assalto alla diligenza berlusconiana.

Speriamo che sia femmina, nell’epoca dei Fede e dei Mora, dei concorsi di bellezza che servono come trampolino di lancio per finire a Milano, è diventato l’ultimo grido di un’Italietta puttaniera corrotta che fa impallidire il ricordo di Anna Magnani in “Bellissima” con la sua bimbetta alla fine ritirata dalla gara per entrare nella “fabbrica dei sogni” .

La Magnani si chiamava in quel gran film di Visconti Maddalena Cecconi ed era, ironia della sorte stando alle serate oggi a Villa San Martino, un’infermiera proletaria. Da un soggetto di Cesare Zavattini, con una sceneggiatura di Suso Cecchi D’Amico e Francesco Rosi. Anno 1951. Chissà cosa direbbe la Magnani oggi di questo verminaio…

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