Un’attrice tra i rifugiati somali di Roma:
«Qui è peggio di Rosarno, aiutateli»
Shukri Said si batte per la dignità e la salute dei 200 connazionali chiusi da mesi nella loro ex ambasciata
IL NATALE DEGLI ALTRI
Un’attrice tra i rifugiati somali di Roma:
«Qui è peggio di Rosarno, aiutateli»
Shukri Said si batte per la dignità e la salute dei 200 connazionali chiusi da mesi nella loro ex ambasciata
L’attrice Shukri Said tra i rifugiati di via dei villini (Brogi) |
ROMA – «Qui è peggio di Rosarno. Almeno là avevano anche l’aria aperta e poi guadagnavano qualcosa…». Grand Hotel della miseria, via dei Villini 9, Roma. A due passi dalla via Nomentana l’enclave dell’ex ambasciata somala nella capitale è l’ospizio sempre più miserabile di quasi 200 somali. In maggioranza giovani, ma anche qualche cinquantenne, sono fuggiti dal loro Paese dilaniato dalla guerra che non è mai cessata dalla dissoluzione del regime di Siad Barre nei primi anni ’90.
«Peggio di Rosarno, certo, e nessuno ci stia a sentire», insiste Shukri Said, di migrare.eu, che da giorni cerca di attirare l’attenzione su questa situazione di estremo degrado che si trascina a Roma da molto tempo. Con scarsissimi risultati.
Alcuni dei 200 rifugiati somali in via dei Villini |
DONNA SULLE BARRICATE – Shukri Said, somala, nella sua vita precedente è stata un’attrice, di quell’epoca conserva ancora i suoi fini lineamenti, ora però si batte con l’organizzazione che ha messo in piedi da qualche anno (migrare.eu) per i problemi degli immigrati. Oltre un mese fa ha scoperto anche lei, con l’intervento delle forze dell’ordine in via dei Villini e con lo sgombero degli occupanti dell’ex ambasciata, questa situazione. «Erano in regola con le leggi italiane – spiega Shukri Said -, perciò la polizia li ha rilasciati subito. Sono rifugiati, accolti da questo paese, ma nessuno fa nulla per loro. Così sono tornati in questo posto abbandonato a se stesso dai tempi della crisi somala. E qui vivono in condizioni pessime. Basta fare un giro all’interno, vedere i loro miseri giacigli, l’edificio sta cadendo a pezzi…».
L’attrice con un rifugiato nel portico dell’ex ambasciata (foto Brogi) |
DUECENTO IN POCHE STANZE – Duecento uomini e questa donna che si batte per loro. Ha scritto a varie istituzioni, il risultato è stato il silenzio. «Sì, ho verificato, le lettere spedite sono arrivate – spiega Shukri Said -. Ho scritto all’assessore ai Servizi sociali del Comune, Sveva Belviso, al capodipartimento comunale Angelo Scozzafava. Presumo che oltre che arrivate le lettere siano state anche lette. Però nessun o si è fatto vivo qui…».
In via dei Villini 9 sulla facciata della palazzina liberty sono esposti i cartelli e gli striscioni. Sotto il patio sono raccolti alcun i ospiti. Nessuno di loro ha un impiego. Sono pochi quelli che parlano correttamente la lingua italiana. Sorridono tutti, è come se aspettassero un miracolo. Che non c’è.
APPELLI IN TIVU’ – Ma Shukri Said non demorde. Grazie ai suoi appelli arrivano giornalisti e tv, sono venuti i Medici per i Diritti Umani, associazioni come Lettera 21. La Rosarno di Roma è aperta da troppi anni. Oggi, venerdì, qualcuno di loro sta per andare alla Moschea. Dopo la preghiera ci sarà il funerale di Sadia, una studentessa somala di biologia, che nei giorni scorsi si è suicidata a Tor Bella Monaca. La storia di un’altra persona venuta da lontano che non ce l’ha fatta.
Paolo Brogi
24 dicembre 2010© Corriere della Sera RIPRODUZIONE RISERVATA