Shukri Said
migrare.eu 19 dicembre 2010
E’ molto tardi quando esco dal mio bagno di travertino beige circondata dai profumi della toletta serale, dal dentifricio agli oli più pregiati per lo strucco e l’idratazione, indossando, non due gocce di Chanel numero cinque come Marylin Monroe, bensì un pesante pigiama di pile che spero mi restituisca una parte del calore che ho perso negli ultimi due giorni, da quando con Raffaella Cosentino, collaboratrice di Repubblica, ci siamo recate per un servizio sui rifugiati somali nell’ex Ambasciata di Somalia in Via dei Villini 9 a Roma scoprendo l’orrore di condizioni di vita disumane a un passo da Porta Pia. Da allora sono sconvolta e affranta. Vivo con una nuvola sul capo per il senso di impotenza di fronte a 150 ragazzi abbandonati nel gelo di questa metà dicembre mentre l’Europa paga all’Italia fondi per loro che non si sa dove vanno a finire.
Guardo verso il letto alla cui base un led ambrato mi dice che lo Scaldasonno è acceso e il risvolto delle coltri mi mostra il lenzuolo di sotto ben teso che promette di avvolgermi finalmente in un invitante calore. L’abat-jour sul comodino dalla mia parte mi aspetta accesa mentre è già spenta quella dalla parte di Maurizio che continuerà a leggere con la lucina che spunta dal bordo superiore delle pagine finché il libro gli cadrà sulla faccia perché le fatiche del mondo giudiziario che frequenta ogni giorno avranno finalmente il sopravvento per qualche ora sulle sue inesauribili energie.
Ma questa volta la prospettiva di dormire tra le mie comodità non mi seduce. Mi atterrisce l’idea che quel tepore mi riposi troppo presto così da risvegliarmi in piena notte assalita dai ricordi di quello che ho visto in Via dei Villini. Ho passato la mattina tra le bancarelle del mercatino attorno al Policlinico Umberto I alla ricerca di calze pesanti da portare a quei ragazzi. Perfino i curiosi venditori ambulanti del Bangladesh, quando gli ho detto a cosa mi servivano tutte quelle calze, mi hanno fatto un grande sconto. Ma è impossibile da soli comprare calze per 150 disperati. E il resto, poi? A ora di pranzo ho chiamato Giuseppe Giulietti, Jean-Leonard Touadì, Rita Bernardini, Rainews24, Andrea Billau di RadioRadicale e dopo due ore erano tutti, di persona o col cuore, a Via dei Villini per accertare e documentare. Aprire un dialogo tra il Palazzo e l’Inferno.
A destra non ho chiamato. Loro già sapevano e non hanno fatto niente. Tanto per cambiare.
Poco più di un mese fa la Questura ha fatto irruzione nell’ex Ambasciata di Somalia, ha strapazzato i suoi occupanti rompendo qualche dente e ha caricato tutti sui pullman per schedarli. C’è stato movimento sulla stampa per l’invasione territoriale, ma poi l’Amministrazione degli Interni li ha rilasciati tutti perché in possesso dei documenti da rifugiati e li ha fatti rientrare a Via dei Villini abbandonandoli un’altra volta al loro degrado e alla loro disperazione.
Grandi Giulietti, Touadì, Bernardini, che pure, bloccata in Commissione, è stata vicina per telefono costantemente. In questi giorni di parlamentari all’asta, loro sono stati veramente Onorevoli. Hanno abbandonato tutti i loro impegni e si sono precipitati per vedere con i loro occhi e sentire in diretta quanto avevo visto e udito con Raffaella. Già soltanto per loro questo Parlamento meriterebbe di essere conservato come i Giusti del salvataggio di Sodoma e Gomorra.
Grande Corradino Mineo e i suoi di Rainews24, con Giorgio Santelli primo fra tutti. Grande RadioRadicale con RadioMigrante. Grande Raffaella Cosentino col suo pezzo toccante su Repubblica.it/Mondo solidale.
Abbandono l’idea di stendermi sul letto. Prendo il tappetino della ginnastica e lo sdraio sul pavimento davanti al comodino. Allungo la mano e spengo la mia abat-jour. Che si riaccende poco dopo e Maurizio si affaccia su di me dal bordo del letto. Lo conosco tanto bene che già mi sembra di sentire il suo “Ma che fai?” tanto che già comincia col “Ma…”. Poi la sua faccia scompare e sento un tramestio di lenzuola. Ora è in ginocchio vicino a me. Mi solleva la testa e l’appoggia sul cuscino che nella mia angoscia avevo dimenticato di prendere. Mi si sdraia vicino. Poveretto. Lui non ha nemmeno il tappetino della ginnastica. Rispegne l’abat-jour e mi prende la mano. Vuole condividere con me l’espiazione del nostro benessere di fronte alla mostruosità delle condizioni di vita dell’ex Ambasciata di Somalia che è venuto a constatare anche lui come Presidente dell’Associazione Migrare.
Lo amo per questo. So che mi sarà vicino fino alla soluzione positiva con le sue pacate e implacabili strategie nello scuotere le Autorità, nell’increspare lo stagno che ha permesso che tra le Ferrovie dello Stato e il Ministero dei Lavori Pubblici crescesse una degradazione senza appello. Questa mattina, appena superato il grande cancello nero dell’Ambasciata, ho incrociato un topo di trenta centimetri. Era molto elegante nel suo mantello grigio chiaro e con la lunga coda rosa. Alcuni suoi parenti si trovano spiaccicati dalle auto lungo il marciapiedi all’esterno. Ci siamo guardati come due che fanno a gara a chi deve passare per primo: “Prego si accomodi”. “No, passi prima lei”. Gli ho ceduto volentieri il passo e lui ha attraversato rapidamente il vialetto di distacco dal limitrofo elegantissimo villino giallo e bianco per guadagnare il muro perimetrale dell’Ambasciata, percorrerlo senza fretta e sparire dietro l’angolo.
Stiamo sdraiati al buio Maurizio ed io sul pavimento affianco al lettone, eppure siamo lontanissimi dalle condizioni di Via dei Villini dove la temperatura è ormai scesa parecchio al di sotto dello zero. Manca pure lo squittio dei topi che arrotano i denti sull’enorme immondizia che lorda ogni angolo dell’Ambasciata. “Perché non cominciate a dare una pulita?” ho chiesto ai miei fratelli somali. “La disperazione senza prospettive ammazza la speranza” mi hanno risposto a testa bassa.
Da dove si comincia? Maurizio, aiutami tu. Giuseppe, Jean-Leonard, Rita, Corradino, mondo civile, aiutatemi voi. Quanto sarà lunga la nuttata dell’ex Ambasciata di Somalia? AIUTO!!!