Guerra per bande in Russia: russi moscoviti, al grido “La Russia siamo noi” contro caucasici. E Mosca, ma anche Pietroburgo, trasformate nel teatro di gigantesche risse a nano armata.
Sono già due i morti di questo scontro tra hooligan, innescato dieci giorni fa dalla morte di una ragazza ultrà dello Spartak. Il bilancio degli scontri di oggi è di 1.350 fermi, 30 persone ricoverate negli ospedali per contusioni e ferite, un “bottino” sequestrato di circa 500 oggetti impropri tra coltelli, mazze e spranghe, e due procedimenti penali già aperti contro due distinti gruppi di caucasici.
Ad accendere la miccia è stato, dieci giorni fa, l’omicidio di una ultrà dello Spartak, durante una rissa con un caucasico. E subito sono iniziate le violente proteste nazionalistiche, sfociate sabato scorso in violenti scontri con la polizia ed un bilancio di almeno una trentina di feriti. Proseguite poi in uno strascico di episodi, con una colonna sonora di slogan razzisti – «la Russia ai Russi» e «Mosca ai moscoviti», i più declamati – e di aggressioni a danno di caucasici e daghestani, finché un ragazzo mercoledì notte è stato ucciso a coltellate.
E così oggi sono scattate eccezionali misure a Mosca: blindata la Piazza Rossa e le strade di accesso al Cremlino mentre nella giornata si sono diffusi diversi allarmi-bomba, tutti rientrati dopo le verifiche. Poi nel pomeriggio sono iniziati i primi tafferugli, risse e fermi mentre un corteo di 600 persone si è messo in marcia verso il centro città ma è stato fermato dalle forze dell’ordine che lo ha disperso. Alla fine la situazione è tornata all’apparente normalità. Il presidente Dmitri Medvedev ha annunciato una linea dura e punizioni esemplari per scongiurare quello che rischia di diventare un nuovo “pogrom”. Si susseguono intanto gli appelli, soprattutto verso la comunità caucasica, a non uscire di casa e a non rispondere alle provocazioni.