Informazioni che faticano a trovare spazio

Vajasse…

Wikipedia ci ha preceduti tutti. Ecco la scheda su “vajassa”. “Scriveva l’abate Ferdinando Galiani (XVIII secolo) nel suo celebre Vocabolario:

« “Vaiassa”, serva di Casa. Viene dall’arabo, nella qual lingua “bagasch” significava lo stesso. Nel dialetto toscano “bagascia” è preso in mala parte, in senso, cioè, di “donna disonesta”. Ma nel napoletano non è mai presa la voce “vaiassa” in questo significato, ma soltanto di “serva”. »
(Ferdinando Galiani, Vocabolario delle parole del dialetto napoletano, 1789, tomo II, ad vocem)

Il vocabolo venne utilizzato ai primi del XVII secolo da Giulio Cesare Cortese, autore di un poema eroicomico dialettale “sulle serve” intitolato Vaiasseide[1], pubblicato probabilmente nel 1604[2]. L’abate Galiani cita inoltre un proverbio napoletano legato alle vaiasse: «Me faje l’ammico, e mme mpriene la Vajassa» (Fai mostra di essermi amico, e metti incinta la mia serva) per indicare il tradimento fatto da chi meno lo si aspetta. Commentava l’abate: “È singolare che i nostri antichi credessero maggior tradimento quello di corromper le loro serve che non le loro donne”.

Nel gergo della malavita napoletana alla fine del XIX secolo “vaiassa” significava “prostituta”. Questo è anche il significato attribuitogli in tempi relativamente recenti dal Guaraldi.

Un sinonimo moderno di vaiassa è vasciajola, ovvero “donna abitante del basso“.

Il termine vaiassa è ricordato nel nome di uno strumento a percussione popolare, dotato di sonagli, chiamato nel dialetto napoletano “scetavajasse“, ovvero “sveglia-vajasse”.

Il termine è tornato alla ribalta nel 2010 dopo che il ministro Mara Carfagna si è rivolta, sulle pagine del giornale Il Mattino, ad Alessandra Mussolini, a seguito della lite scoppiata in Parlamento tra le due onorevoli che ha portato poi all’annuncio delle dimissioni della Carfagna, con le seguenti parole: «a Napoli le chiamano vajasse…».

(Nella foto Mara Carfagna con Italo Bocchino (Fli), alla Camera, in uno scatto analogo a quello immortalato dalla Mussolini sul suo cellulare, fotografia da cui è nato lo scontro).

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