Riapre finalmente il Tempio di Venere e Roma, il più grande tempio della città romama ma anche il più disastrato in epoca remota nonché in quella recente. Appollaiato sulla collinetta di Santa Maria Nova in faccia al Colosseo finora è stato infatti occasione di recenti iniziative poco simpatiche, financo maldestre, come quelle escogitate dalla corte di Valentino (il sarto) che per celebrare i fasti del titolare del celdebre marchio ormai in procinto di andare in pensione occupò il sito cospargendolo di finte colonne in plastica fatte fare dal malcapitato scenografo Dante Ferretti. Un’occupazione che poi durò un po’ troppo a lungo, suscitando proteste e rimbrotti…
Giovedì con Bondi e il sottosegretario Giro la sovrintendente archeologica ad interim Anna Maria Moretti e il commissario Cecchi illustrano la riapertura.
Il tempio si chiama così perché era dedicato alla dea Venus felix e alla città di Roma. A farlo edificare nel sito in cui sorgeva uno spicchio celebre di Domus Aurea neroniana, quello con la statua del colosso dell’imperatore alta 35 metri più la base, fu il successore Adriano che procedette a riedificare la statua al dio Sole e la fece spostare, con l’aiuto di ventiquattro elefanti. I saggi archeologici al di sotto del tempio hanno trovato i resti di una ricca casa di età repubblicana. L’architetto del tempio fu lo stesso Adriano, ma fu aspramente criticato da un architetto vero, quello imperiale, Apollodoro di Damasco che ci rimise così la vita. Erano altri tempi…Il tempio subì poi un incendio, a restaurarlo fu Massenzio, le colonne che si vedono oggi furono invece recuperate al tempo dello sventramento fascista di via dei Fori Imperiali.