Sul processo di Brescia per la strage del 1974 in Piazza della Loggia che causò otto morti e un centinaio di feriti è uscito questo “punto” fatto dal Corriere della Lombardia. La sentenza è prevista per metà novembre. I Pm hanno chiesto quattro ergastoli (sopra la foto della Corte).
Corriere della Lombardia, 25 ottobre 2010
“Piazza Loggia, sentenza entro novembre”
di Claudio Del Frate
La verità ‑ almeno quella processuale ‑ è attesa per la metà del mese: al processo per la strage di piazza della Loggia oggi parte la mara…tona delle arringhe difensive, che si concluderanno il g novembre. Quel giorno la Corte si ritirerà in camera di consiglio per soppesare le richieste (ergastolo per Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Francesco Delfino e Maurizio Tramonte, assoluzione per Pino Rauti) avanzate dai pm Roberto Di Martino e Francesco Piantoni. Il processo di piazza della Loggia è l’ultima occasione per fare un minimo di luce giudiziaria sulla stagione delle bombe in Italia. Ma come si è arrivati questa volta alla formulazione delle accuse nei confronti degli imputati? L’indagine bresciana (la terza sullo scoppio che il 28 maggio ‘7q. provocò 8 morti e 100 feriti) ha preso le mosse dalle confessioni di Carlo Digilio, estremista di destra noto col nome di «zio Otto»; è lui, alla fine degli anni ‘9o a raccontare delle riunioni che gli ordinovisti veneti tenevano nei mesi precedenti alla strage programmando attentati nel Nord Italia; è sempre «zio Otto», prima di morire, a indicare la connivenza non solo dei servizi segreti italiani ma anche della Cia. Digilio però non è l’unico punto di appoggio dell’accusa; inizialmente c’erano anche le confessioni di un altro pentito dell’ultradestra, Martino Siciliano; questi ha ritrattato ma i pm ritengono il suo racconto attendibile e spesso coincidente con quello di «zio Otto».A disposizione dell’accusa ci sono poi le confessioni dell’imputato Maurizio Tramonte che racconta della riunione decisiva la sera del 25 maggio ad Abano Terme (anche Tramonte ha ritrattato) ma anche le veline anche lo stesso personaggio inviò all’epoca della strage al ministero degli interni: Tramonte risulta infatti essere stato un informatore dei servizi segreti con il nome in codice di «Tritone». Secondo i pm ci sono insomma più elementi convergenti che ricollegano l’attentato di piazza Loggia agli ordinovisti veneti che agirono con la tacita complicità di elementi dello Stato. L’accusa ha individuato questo anello di congiunzione nel generale Delfino, ritenuto al corrente delle trame che si andavano organizzando tra Brescia e il Veneto.”