La Libia chiude l’Ufficio dell’Alto Commissario Onu per i Rifugiati a Tripoli
Tripoli, 8 giugno 2010. Da mesi tempestiamo le autorità libiche con richieste di interruzione delle politiche di blocco dei rifugiati o di inseguimento e fermo in mare di natanti con profughi a bordo. Siamo arrivati a pubblicare messaggi* nei siti dell’Ambasciata libica a Roma, chiedendo il rispetto della Convenzione di Ginevra sui Rifugiati. Abbiamo posto in rilievo anche le violazioni, da parte del governo libico, della Legge Islamica, che prevede un atteggiamento misericordioso verso i poveri, gli esuli e coloro che fuggono da persecuzioni. Oggi la Libia mostra il suo vero volto e, dopo aver chiuso l’ufficio a Tripoli dell’Alto Commissario Onu per i Rifugiati, ha diramato un comunicato in cui motiva tale azione: “L’ufficio è chiuso per attività illecita. La Gran Jamahirya non riconosce l’esistenza dell’Ufficio dei rifugiati nel suo territorio perché è uno Stato non membro della Convenzione sui rifugiati”. Una posizione che ora è ufficiale e che rivela quanto sia scellerato l’accordo sottoscritto con il governo italiano, accordo che ha condotto a migliaia di episodi di violazione dei diritti dei Rifugiati, a molti lutti nelle carceri riservate ai migranti e a innumerevoli drammi umanitari.