Informazioni che faticano a trovare spazio

Maletti tacque le notizie di “Tritone”

Da Bresciaoggi del 5.5.2010:

IL PROCESSO. L’uomo di spicco dei servizi segreti, cittadino sudafricano, sentito ancora dalla corte in videoconferenza
Strage, Maletti al giudice
tacque le notizie di «Tritone»
Wilma Petenzi
«Ipotizzai un coinvolgimento del Mar nell’attentato di Brescia» E i nomi di Maggi e Romani? «Credevo ci pensasse Padova»
·         Mercoledì 05 Maggio 2010
·         CRONACA,
·         pagina 13
·         
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Maletti, anche ieri in aula in videoconferenza dal Sud Africa FOTOLIVE
Quando nell’agosto del 1974 Gianadelio Maletti, comandante del Reparto D controspionaggio del Sid, venne sentito a Brescia dal giudice istruttore Domenico Vino, che cercava di far luce sulla bomba che era scoppiata la mattina del 28 maggio in piazza della Loggia uccidendo otto persone e ferendone un altro centinaio, si limitò ad avanzare le sue ipotesi, ma non mise a conoscenza il giudice di quello che era arrivato a Roma dal centro spionaggio di Padova, non rivelò che nelle informazioni padovane, grazie alle notizie fornite dalla «Fonte Tritone» sulla strage bresciana si facevano alcuni nomi.
Maletti non disse al giudice Vino che nelle veline del cs di Padova, l’informatore Tritone, alias Maurizio Tramonte, imputato nel processo per la strage, faceva i nomi di Carlo Maria Maggi (pure lui imputato) e di Giangastone Romani (deceduto da tempo). Ma al giudice Vino, Maletti espose una sua teoria personale: «dal complesso delle informazioni – spiegò al giudice – la strage poteva essere inquadrata in un programma eversivo di destra. Si poteva pensare a un collegamento con gruppi con raggio operativo in Valtellina e quindi con Carlo Fumagalli». Con il giudice istruttore Vino, Maletti ipotizzò anche un possibile collegamento dei gruppi dell’estrema destra con gruppi stranieri.
SENTITO ieri in videoconferenza dal Sud Africa Maletti non è riuscito a ricostruire la sua conversazione con Vino: «Non ricordo nemmeno di essere stato sentito dal giudice di Brescia» ha precisato il generale, prossimo a compiere 89 anni e da quasi vent’anni cittadino sudafricano. «Posso solo ipotizzare – ha proseguito Maletti, assistito nell’escussione da Marco Giungi, ministro consigliere dell’ambasciata italiana a Pretoria – di aver parlato di Fumagalli non citando le informazioni giunte da Padova, nella convinzione che l’autorità giudiziaria di Padova avrebbe contattato quella di Brescia».
Maletti, come già ricordato nell’escussione del 23 aprile, ricorda, infatti di aver dato ordine, che delle informazioni ricevute da fonte Tritone, fosse informata l’autorità giudiziaria. Nella nota giunta da Padova, in sostanza, si diceva che tra il 29 e il 30 giugno dopo un ritorno di Giangastone Romani, membro di spicco veneto di Ordine Nuovo, da Roma dove aveva incontrato Pino Rauti, Carlo Maria Maggi avesse fatto commenti pesanti dicendo che «il fatto di Brescia non doveva restare isolato, ma che l’obiettivo era quello di aprire un conflitto interno risolvibile solo con lo scontro armato».
Ma la notizia non arrivò all’autorità giudiziaria, i pm Roberto Di Martino e Francesco Piantoni non hanno trovato traccia della segnalazione, ma hanno solo trovato una notizia che dall’Arma è rimbalzata al Sid in cui si fa riferimento a un progetto di costituzione di cellule eversive e di traffico di armi con camion, ma senza alcun nome e senza alcun riferimento alla strage di Brescia.
Per Maletti, inoltre, ma si tratta sempre di sue ipotesi, la strage di Brescia non doveva essere così pesante: «Forse c’è stato un errore sui tempi, la bomba doveva esplodere prima che i manifestanti arrivassero in piazza. Si tratta solo di una mia ipotesi, ma è condivisa anche da altri».
ED È SUL COMMENTO di note e veline che Maletti è stato sentito per l’intera giornata di ieri. Importante per l’accusa la nota del cs di Napoli datata 13 agosto 1974 in cui una fonte fa riferimento a un incontro tra ordinovisti e Rauti a Roma (della stessa riunione parlerebbe anche Tritone). Maletti ai pm ha detto di non ricordare, ma la sua risposta di allora non va trascurata: «Meglio riferire al ministro della Difesa e al ministro degli Interni – scrive l’ex numero due del Sid – perchè Rauti a oggi è il faro dell’estrema destra extraparlamentare, potrebbe fare o indurre altri a fare grosse sciocchezze».

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