Le due grandi dame dell’architettura a confronto a Roma. Facile schierarsi con Zaha Hadid e il suo Maxxi. Più difficile mettersi dalla parte di Odile Decq e del suo ampliamento del Macro. Il fine settimana è tutto in questo scenario romano.
Grandiosi anelli al dito e collane infinite per l’irakena londinese che quando sorride sembra uscire dal vecchio cartoon della Sirenetta. Suoi i funambolici spazi del Maxxi per i quali si spera la destra picconatrice e decostruttivista – lei è alfiera del decostruttivismo – non voglia presto chiedere la rimozione.
A qualche chilometro di distranza c’è Odile Odecq, in perfetto stile cattiva ragazza, con quei suoi capellacci dark. E gli spazi però regolari, di servizio, molto fruibili del suo Macro.
Ma è un confronto che si deve estendere agli uomini di queste due donne, il “maestro” Rem Koolhaas per Zaha, il compagno architetto Benoit Cornette per Odile. Benoit è morto prematuramente 12 anni fa, Koolhaas dopo aver allargato la Tate ha combinato quello sproposito di sede tv che è la Cctv di Pechino. Benoit faceva cose terrestri, Koolhaas esagera. Restano le due donne: una nata nel ’50, l’altra nel ’55, laurea però presa quasi insieme nel ’77 e nel ’78. Le accomuna spesso il nero, ma questo è un vezzo nel ramo che Jean Nouvel ha sparso qua e là contagiando anche Massimiliano Fuksas e compagna.
Odile e Zaha, cattive ragazze, un po’ tutte e due. Ma lo sanno che in Italia gli onori di casa li fanno personaggi con la croce celtica al collo e impiegati di Berlusconi (quello che dice: chi sbaglia lo licenzio…)?