Informazioni che faticano a trovare spazio

Comma 28: vogliono chiudere la rete con la rettifica. L’avvocato Scorza spiega

Dal sito dell’avv. Guido Scorza, esperto di diritto su internet:

Giro di vite sull’informazione: il DDL intercettazioni in dirittura d’arrivo.

Dopo tante parole, riflessioni, scioperi, manifestazioni ed iniziative, ora ci siamo davvero: nei prossimi giorni il DDL Alfano – il famigerato disegno di legge in materia di intercettazioni – sta per essere approvato con il suo carico di disposizioni liberticide (almeno per il mondo dell’informazione online e offline).
Il comma 28, quello che impone l’obbligo di rettifica a tutti i gestori dei “siti informatici” è sempre al suo posto e minaccia, come ormai si è detto decine di volte, di determinare la chiusura della Rete per rettifica.

Tra qualche giorno, per un blogger, ricevere una richiesta di rettifica e non darvi seguito entro 48 ore potrebbe significare chiudere e rinunciare a dar voce ai propri pensieri, alle proprie opinioni ed al proprio modo di raccontare ciò che accade nel mondo.

Il punto non è sottrarre il blogger alla responsabilità per quello che scrive perché è, anzi, sacrosanto che ne risponda ma, più semplicemente riconoscere la differenza abissale che c’è tra un blog ed un giornale o una televisione e tra un blogger – magari ragazzino – e un giornalista, una redazione o, piuttosto, un editore.

Il primo – salvo eccezioni – sarà portato a rettificare “per paura” e non già perché certo di dover rettificare mentre i secondi, dinanzi ad una richiesta di rettifica, ci pensano, ci riflettono, la esaminano, la fanno esaminare e poi solo se sono davvero convinti di dovervi procedere, vi provvedono.

Imporre un obbligo di rettifica a tutti i produttori “non professionali” di informazione, significa fornire ai nemici della libertà di informazione, una straordinaria arma di pressione – se non di minaccia – per mettere a tacere le poche voci fuori dal coro, quelle non raggiungibili, neppure nel nostro Paese, attraverso una telefonata all’editore e/o al principale investitore pubblicitario.

E’ per questo che, come in passato, bisogna dire no con forza al comma 28 del DDL intercettazioni.

A ben vedere, però, è l’intero DDL – e non solo il suo comma 28 – ad accingersi ad infliggere un colpo durissimo alla libertà di informazione nel nostro Paese.
Molti più esperti di me ne hanno già scritto e spiegato le ragioni.
Mi permetto solo di invitarvi ad un paio di riflessioni:

(a) in linea di principio potrei anche seguire – ma in nessun caso condividere – il ragionamento della maggioranza che – sebbene non più all’unisono come un tempo – appare intenzionata a mettere un grosso cerotto sulla bocca dei giornalisti in relazione alla pubblicazione di tutte le informazioni che gravitano attorno a fatti penalmente rilevanti ma, questo, alla sola condizione che fosse possibile scongiurare radicalmente il rischio che qualcuno entri comunque in possesso di tali informazioni.

Ma, in questo caso, non si sta discutendo di questo ma, più semplicemente, di contenere l’ambito di diffusione di certe notizie.

Ciò, tuttavia, significa riconoscere a chi a quelle informazioni potrà comunque avervi accesso un enorme potere perchè è noto che, nella società dell’informazione, non c’è niente di meno democratico ed auspicabile che l’esistenza di profondi gap informativi: oggi chi sa di più comanda…

(b) il ddl intercettazioni mira anche a limitare le intercettazioni video. Come si fa ad accettare l’idea che magistratura e forze dell’ordine non possano utilizzare questo genere di intercettazioni quando, ormai, le nostre città sono piene di telecamere di orwelliana memoria e le videoriprese vengono utilizzate lungo le strade per garantire il rispetto del codice della strada o, piuttosto, negli stadi per verificare che i giocatori si astengano dal dire parolacce?

Mi sembra sin troppo evidente che nel DDL intercettazioni la privacy sia solo l’alibi per spuntare le armi alla giustizia e garantirsi il silenzio di certi media – non ultime alcune realtà online – ormai divenute scomode.

Muovendo da questi presupposti ho aderito di buon grado – e vi invito a fare altrettanto – all’ iniziativa lanciata da Stefano Rodotà, Fiorello Cortiana, Juan Carlos de Martin, Arturo Di Corinto e Carlo Formenti per chiedere ai nostri Senatori – quelli della Repubblica e non di questo o quel microcosmo di interessi economici e/o personalistici – di non prestare il loro nome, la loro storia ed il loro volto ad un’iniziativa legislativa – l’ennesima – destinata ad accrescere l’anomalia italiana nel mondo dell’informazione e dei media.

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