Da LaStampa
Torino Salone del Libro, censurato lo scrittore Alessandro Perissinotto?
“Parlo del Vaticano, ecco perché il Salone mi censura”
Perissinotto: nel mio libro anche la P2, un tema tabù
MARINA CASSI
Torino
Al Salone del Libro ci andrà. Forse. Ma solo come visitatore e pagandosi il biglietto. Lo scrittore Alessandro Perissinotto l’ha adombrato con sabuado pudore su «Il Fatto Quotidiano» di venerdì, ma ieri l’ha ridetto chiaro e tondo: «Sono vittima di censura».
Il suo ultimo libro, «La vendetta» (Rizzoli), non verrà presentato al Salone «perché parla di Argentina, di dittatura, di desaparecidos e soprattutto di P2, di Vaticano». E così ha deciso di disertare anche gli altri appuntamenti che erano in calendario e a cui doveva partecipare come quello con Piero Dorfles.
A trent’anni di distanza da quella tragedia è credibile che cali la scure della censura e per di più a Torino?
«Sì. Credo che a Rolando Picchioni, tessera P2 numero 2095, si siano drizzati i capelli in testa quando ha capito che cosa racconta il libro».
Che cosa mai racconta di così terribile?
«Nel dramma argentino ci sono tanti protagonisti tra cui Licio Gelli, la P2 che ha portato il generale Massera ai vertici delle Forze armate, la chiesa. C’erano i cappellani che benedivano le camere di tortura, c’era una Curia che consegnava alla dittatura un’isoletta di sua proprietà per farci un campo di concentramento. C’era l’Opus Dei il cui fondatore, confessore di Franco e Pinochet, è stato fatto santo da Paolo VI. E tanto altro».
Che altro?
«C’era monsignor Pio Laghi, Nunzio apostolico, che a tennis ci giocava con Massera e che fece incontrare Paolo VI al dittatore».
D’accordo. Ma questo che cosa c’entra con la mancata presentazione del suo libro?
«C’entra. Il nostro è un Paese in cui parlare di P2 e Vaticano è un tabù».
Ancora?
«Ancora. E’ evidente».
Facciamo un passo indietro. Che cosa è accaduto?
«Prima avevano sistemato la mia presentazione nel cuore della domenica, al Bookstock Village. Poi mi scrivono dicendo che non va bene e che mi spostano al lunedì, alle 18,30, in orario per pochi intimi».
Non può essere un problema tecnico?
«Potrebbe e lo penso subito anch’io. Ma mi spiegano che il libro non è in linea con la programmazione del Bookstock».
Non ci crede?
«No. Ma lo sa che il tema del salone quest’anno è la memoria svelata? E di che cosa parla il mio libro se non di memoria, una memoria che in Argentina è ancora una ferita aperta? Per di più il Village è uno spazio per giovani».
Forse è un tema troppo duro per dei ragazzi?
«Ma assolutamente no. Il Village è uno spazio per giovani che leggono e fanno esercizio di libertà. E’ una fascia protetta non una fascia di imbecilli. E poi qual è l’età giusta per sapere che in Italia c’era la P2?».
Alla fine che cosa è accaduto?
«Che io, che sono l’ultima ruota del carro, ho mandato in tilt il più importante Salone del libro in Italia. Incredibile significa una cosa sola».
Quale?
«Che le coscienze devono essere sporche».
La vicenda è così enorme che sorge un dubbio: non sarà che non vi siete capiti? Non sarà che lei fa della dietrologia?
«No. Comunque faccia una prova: dal programma on line del Salone sono sparito».
Non crede alle spiegazioni ricevute dall’organizzazione?
«Non ci credo e se nel colloquio che ho avuto con Picchioni ho tenuto toni bassi è solo perché ha 74 anni e perché non sono persona che infierisce. Ma censura c’è stata eccome».
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