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Isnenghi e Magris, contro il revisionismo nella storia e sul 25 aprile

Due recenti ingterventi contro il frevisionismo politico sul fasismo e l’antifascismo, Mario Isnenghi capo dipartimento di storia a Ca’ Foscari di Venezia e lo scrittore Claudio Magris.

MARIO ISNENGHI SUL CORRIERE DEL VENETO DI IERI 25 APRILE DICEVA IN UNA INTERVISTA SU  LEGA LIBERAZIONE FASCISMO:
“. …Gli amministratori leghisti sembrano defilarsi dalla ricorrenza del 25 aprile e che è meglio festeggiare San Marco. …Una furbata con un processo di trasformazione velocissimo: Bossi fino a poco tempo fa pretendeva di essere antifascista. …Leggo con preoccupazione (da cittadino, non da storico) questo fluido processo di trasformazione . …Questo 25 aprile sta facendo fare passi avanti notevoli verso un anti- antifascismo (che è sempre esistito). . …Quello che mi ha molto colpito è che la neo presidente della Provincia di Venezia, Zaccariotto, al TG3 sembrava divertirsi moltissimo che il 25 aprile non è la festa dei partigiani e che non avrebbe fatto suonare “Bella ciao”. Sembrava che la cosa non la riguardasse. Invece dovrebbe riguardarla perché il fascismo c’è stato e non si può ignorare.”

CLAUDIO MAGRIS SUL CORRIERE DI OGGI 26 APRILE: “COM’È TRISTE DOVER DIFENDERE LA COSTITUZIONE DAGLI ATTUALI BORSAIOLI”
“……..E’ questa tranquilla consapevolezza della Resistenza non quale trionfante oleografia gloriosa, bensì quale drammatica, contraddittoria e fondamentale pietra angolare della nostra Italia democratica che può permettere un’autentica e non ipocrita o strumentale conciliazione. Rendendo omaggio alla passione dei vinti di allora, Ferdinando Camon, in un articolo sul Piccolo , ha sottolineato — senza alcuna retorica né faziosità e grazie a questo umanissimo rispetto degli avversari di allora — che è la Resistenza il fondamento indiscutibile della nostra vita civile. Questa serena, pacifica acquisizione è ora lividamente contestata, come ha notato Sergio Romano sul Corriere , non tanto dagli avversari di ieri, quanto dai nuovi antipatrioti di oggi, parvenus dell’attuale regressione. Se la strumentalizzazione retorica della Resistenza nel dopoguerra era falsa e insopportabile, ora lo è — altrettanto e di più — non tanto la sua contestazione, quanto l’untuoso revisionismo col quale i politici oggi al potere cercano di falsificare la Resistenza per intaccare la Costituzione che è nata anche e soprattutto da essa. Proprio un ritocco dei punti ritoccabili della Costituzione, ossia un momento di necessari cambiamenti, esige quale premessa la forte coscienza di ciò che, nel mutamento, ha da restare intoccabile ossia di quei principi che senza la Resistenza non avrebbero potuto essere affermati. Se c’è una cosa che non vorremmo, è dover ripetere parole d’ordine antifasciste, che speravamo mai più necessarie. Ma è possibile che, a malincuore, dovremo farlo, così come è tristemente probabile che l’anno prossimo, nella ricorrenza dei centocinquant’anni di storia d’Italia, i livori degli aggressivi campanilismi ci costringeranno a ripetere gli elogi di Garibaldi e di Cavour.
Nel suo articolo sul Corriere inoppugnabilmente equanime e obiettivo, Sergio Romano ci raccomanda di tenerci stretto il 25 Aprile. È giustissimo, ma è anche triste doverlo fare, perché preferiremmo non dover fare tanta attenzione ai borsaioli che ce lo vogliono portar via.”

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