Informazioni che faticano a trovare spazio

Una lettera di Adriano Sofri a Feltri, un lettore di Cervi e la salute

17 marzo 2010

Caro Vittorio Feltri, sul sito del Giornale, curato da Mario Cervi, un lettore lamenta che io scriva, “e dunque tanto male non stia”. Mi chiama spiritosamente “ammalato cronico ergo libero a casa sua”. Mi chiama “pluricondannato”, che vorrebbe dire condannato per più reati, ma lui vuol dire condannato ripetutamente, dimenticando che se questo è avvenuto è anche perché intanto ero stato pluriassolto. Non citerò nemmeno lo stucchevole dettaglio che ero e sono innocente. Si chiede se la mia condanna sia stata “definitivamente sospesa a divinis”, e se mi sia stata concessa la grazia alla chetichella. E, di fronte a tanto scandalo, invoca il soccorso di Di Pietro e Travaglio, colpevoli di occuparsi di Berlusconi invece che di me. Bene. Prima che il lettore mi mandi i suoi periti di parte riassumerò secondo i periti d’ufficio, essendo da tempo indifferente alla privatezza: ho un esofago rattoppato, la cui recidiva sarebbe finale, ho un polmone mutilato, altre deficienze effettivamente croniche, e più di recente un cancro alla prostata –non ho più la prostata, ho ancora il cancro. Per queste ragioni sono da tre anni detenuto a domicilio, dopo aver trascorso nove anni effettivi in una cella ed esserci quasi crepato. Non sono affatto libero, ma posso, quattro giorni alla settimana, uscire di casa due ore di mattina e due di pomeriggio nel paese in cui abito; e in altri tre giorni spingermi in città. Dal bell’inizio di questa storia, sento deprecare che “tanto gli danno la grazia”. Ora, diventata insostenibile la formulazione, ci si immagina che l’abbia già avuta, zitto zitto. Quanto a Travaglio, il lettore si rassicuri: si occupa di me senza risparmiarsi. Qualche giorno fa ha denunciato il sindaco di Salerno De Luca che si era augurato di trovarlo sulla sua strada di notte. Ora, Travaglio aveva a suo tempo intimato a me di “strisciare lungo i muri nottetempo, senza farmi vedere né sentire”, e si era augurato che “qualcuno incazzato venisse a cercarmi”: lo stesso pensiero del sindaco di Salerno, solo più articolato e più vigliacco. Siccome chiamai e chiamo tuttora Travaglio un piccolo squadrista per conto terzi, lui potrebbe denunciare anche me, e chiedere l’unificazione del dibattimento, poiché si tratta quasi letteralmente dello stesso tema. Il lettore potrebbe seguire il caso, rinunciando provvisoriamente a rammaricarsi che io, per il momento, scriva e viva. Cordiali saluti.

Adriano Sofri, Piccola posta, Il Foglio

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