Il 28 febbraio si avvicina e i restauratori dell’Istituto Centrale per il Restauro sanno che dal giorno dopo entreranno a far parte della categoria sfrattati. L’idea di essere ospitati dal San Michele, in ambienti decisamente minori degli attuali nella storica sede di San Pietro in Vincoli, fa gridare al ridimensionamento dell’Icr. Così questa mattina una nutrita rappresentanza di restauratori ha manifestato di fronte al ministero dei beni culturali, in via del Collegio Romano.
Intanto alla petizione in difesa dell’istituto sotto sfratto a fine mese continuano a giungere adesioni da tutto il mondo. “Sono quasi tremila – spiega il professore di restauro a Roma Tre, Mario Micheli -. E tra una settimana le consegneremo al presidente della repubblica. Ci sono i maggiori studiosi e restauratori di tutto il mondo”. La petizione è su http://www.gopetition.com/online/33441.html.
I duecento restauratori dell’Icr temono non solo il ridimensionamento dello storico istituto nato nel ’39 per volontà dell’allora ministro Bottai, ma una volta trasferiti anche l’ombra di possibili speculazioni immobiliarie in un’area, come quella di Colle Oppio, molto ambita. La proprietà, l’ordine di frati minimi, ha liberato da poco anche un altro immobile di prestigio in zona, sfrattando il convento delle suore di Santa Lucia. L’ipotesi di essere collocati in ambienti più limitati del San Michele è contestata dai dipendenti dell’Icr. I manifestanti questa mattina ricordavano di avere grandissime difficoltà a spostare comunque attrezzature e archivi di sessanta anni di lavoro. Temono che nel trasloco in ambienti più ristretti vada perso molto del loro storico know how. “Veniamo sacrificati – denunciavano oggi i loro rappresentanti .-. E pensare che ci conoscono in tutto il mondo. Abbiamo restaurato anche la Città proibita di Pechino>”. Tra i loro interventi più recenti il Marco Aurelio, la Torre di Pisa, il Caravaggio di Nancy.
Paolo Brogi