Giovanna Anastasia è un’archeologa toscana che da tempo si è messa sulle tracce del Caravaggio. I resti di Caravaggio, morto a Porto Ercole e lì sepolto. Ma dove? Un’indagine è attualmente in corso su una serie di scheletri contenuti nella cripta del piccolo cimitero del paese dell’Argentario, nove in particolare. E’ lì infatti che è finito il Merisi nel 1956, quando la sua tomba fu casualmente ritrovata nei pressi della spiaggia dove era stata interrata dopo il decesso nell’ospedaletto locale di Santa Maria Ausiliatrice il 19 luglio 1610. Caravaggio fu sepolto nel cimitero di San Sebastiano, un luogo di periferia, sabbioso e ventoso, davanti a una grande spiaggia. Qui veniva sepolta la gente comune: artigiani, pescatori, soldati, forestieri. Trascorsi quasi quattrocento anni di quiete nel 1956, durante lavori alla strada, sono tornate alla luce alcune tombe. E tra queste quella del Caravaggio, con targa e data della morte. Le ossa nella generale disattenzione vengono allora messe in una piccola cassetta e traslate dal parroco, don Mariano Sabatini, forse nella chiesa di Sant’Erasmo, nella cripta appunto, in cui ora sono sotto studio nove scheletri. Poco dopo il prete morì portandosi nella tomba il segreto del Caravaggio. Che cosa si cerca oggi, oltre al riconoscimento delle ossa, aiutandosi con i pigmenti di colore e quant’altro possa essere utile? Si vuole rispondere in modo certo anche all’ultimo interrogativo: di che cosa era malato il Caravaggio? Di saturnismo? E’ noto che usava i colori con le mani, contenevano piombo e questo si sa ha fatto fuori anche Goya e Van Gogh. Oppure era affetto dal mal francese? Frequentatore di bordelli, oltreché noto rissaiolo, forse il Merisi era solo ammalato di sifilide. Il collega Marco Gasperetti, sul Corriere online, sta dietro a questa storia. (L’immagine è del San Gerolamo, dipinto da Caravaggio quattro anni prima di morire, oggi alla Galleria Borghese)