Accuse circostanziate al Vaticano sulla morte di Ambrosoli e sui coinvolgimenti di Andreotti nello Ior l’altra sera all’Infedele dove l’autore di Vaticano spa, Nuzzi, ha sostenuto un faccia a faccia stravinto con Vittorio Messori e il direttore di Tempi. Il suo libro è all’undicesima edizione per Chiarelettere: racconta spericolate operazioni finanziarie mascherate da opere di carità e fondazioni di beneficenza. Nuzzi ha messo le mani su un archivio custodito in Svizzera e da oggi accessibile a tutti. Circa quattromila documenti riservati della Santa Sede. Lettere, relazioni, bilanci, verbali, bonifici. Tutto grazie all’archivio di monsignor Renato Dardozzi (1922-2003), tra le figure più importanti nella gestione dello Ior fino alla fine degli anni Novanta. Sembrava una storia conclusa con gli scandali degli anni Ottanta: Marcinkus, Sindona e Calvi. Invece tutto ritorna. Dopo la fuoriuscita di Marcinkus dalla Banca del Papa, parte un nuovo e sofisticatissimo sistema di conti cifrati nei quali transitano centinaia di miliardi di lire. L’artefice è monsignor Donato de Bonis. Conti intestati a banchieri, imprenditori, immobiliaristi, politici tuttora di primo piano, compreso Omissis, nome in codice che sta per Giulio Andreotti. Titoli di Stato scambiati per riciclare denaro sporco. I soldi di Tangentopoli (la maxitangente Enimont) sono passati dalla Banca vaticana, ma anche il denaro lasciato dai fedeli per le messe è stato trasferito in conti personali. Lo Ior ha funzionato come una banca nella banca. Una vera e propria “lavanderia” nel centro di Roma, utilizzata anche dalla mafia e per spregiudicate avventure politiche. Un paradiso fiscale che non risponde ad alcuna legislazione diversa da quella dello Stato Vaticano. Tutto in nome di dio.
La trasmissioone dell’Infedele è stata molto virulenta, anche sotto il profilo religioso, ma i media non se ne sono quasi accorti.