Nella mia bacheca su facebook il video in cui Gianni Lannes ha recentemente denunciato che la ‘ndrangheta sta smaltendo rifiuti nucleari. Chi sia Lannes lo riassume così “Il Fatto Quotidiano”:
Gianni Lannes è un giornalista che fa nomi e cognomi. A giugno ha aperto un giornale online d’informazione, con sede a Orta Nova, in provincia di Foggia. E’ stato collaboratore di numerose testate e oggi lavora per alcuni programmi Rai. Ma il suo giornale, Terra Nostra, (italiaterranostra.it) in questi giorni ha deciso per un stop: “Siamo liberi, indipendenti e incondizionabili, ma il direttore non mette a repentaglio la vita e l’incolumità dei suoi collaboratori. Da oggi le pubblicazioni saranno congelate”. In pochi mesi di attività, infatti, ha ricevuto minacce e tre attentati: il 29 giugno, a due settimane dall’apertura, la prima lettera di minacce. Poi, a inizio luglio, un’esplosione fa saltare in aria la sua automobile. Il 23 luglio vengono manomessi i freni della sua nuova auto. “Ho rischiato la vita”. I primi di novembre, ancora, un attentato incendiario gli distrugge l’ennesima automobile . Sul suo giornale, in Puglia, la regione che ospita le tre industrie più inquinanti d’Italia (la centrale Enel di Brindisi, l’Ilva di Taranto e la centrale termoelettrica di Taranto) Lannes si è occupato di ambiente. Il primo numero era un monografico su 54 progetti che prevedono la costruzione di inceneritori in Puglia. La sua attività d’informazione è andata anche oltre il Web: “Siamo stati anche nelle piazze di Puglia, abbiamo fatto più di 50 presentazioni del giornale”. Ma ora altre minacce sono arrivate ai ragazzi che lavorano con lui e, recentemente, anche alla moglie. Da qui la decisione dello stop. “Leoluca Orlando ha fatto un’interrogazione in Parlamento – ci spiega – perché le indagini sugli attentati non sono mai partite. Quindi noi adesso ci fermiamo finché non arriveranno dei segnali. Non chiedo protezione per me. Ma per la mia famiglia e i miei collaboratori”. Questa la vita di un giornalista libero. E non in Russia, ma in terra di Capitanata. (di Federico Mello).