Una porta segreta del carcere nazifascista dsi via Tasso. E tanti nomi di vittime che vanno ad aggiungersi all’elenco dei prigionieri fino a poco tempo fa fermo a trecento nominativi.
I nomi, intanto. A rivelarli sono stati un mucchio di schede dimenticate, un pacco con i nomi di detenuti di via Tasso e un secondo pacco con la lista dei prigionieri spediti poi al carcere di Regina Coeli. Le schede ingiallite dal tempo giacevano dimenticate dentro una stanza del Museo di via Tasso e ora, dopo il ritrovamento, hanno contribuito a proiettare un nuovo squarcio di luce sulle vittime dei torturatori nazifascismi, Soprattutto hanno consentito di aggiornare in modo decisivo e sostanziale l’elenco delle vittime del carcere, un posto in cui, si presume, tra l’11 settembre del 1943 e il 4 giugno del 1944 sono stati rinchiuse per subire interrogatori e pestaggi duemila persone di cui finora si conoscevano solo poco più di trecento nominativi.
E ora i nomi dei detenuti sono diventati 1.132 e sono esposti finalmente tutti quanti in una delle celle del Museo dove è allestita una mostra che si prolunga fino al 17 gennaio. Dell’entità della scoperta era stato già dato l’annuncio nei mesi scorsi e la verifica on-line sul sito del Museo è già operativa da tempo. Ma ora si può vederli tutti questi nomi, su un tabellone che suona un po’ come un muro della vergogna e che getta una nuova luce sulle vicende più buie di via Tasso.
Abbiamo compiuto un lavoro lungo e certosino – spiega il presidente del museo, il professore Antonio Parisella -, soprattutto per il complicato intreccio di riscontri a cui abbiamo dovuto sottoporre ogni nome. I riscontri sono stati cercati dagli arcivisti con infinita pazienza fin dove era possibile in altro materiale documentario, diari, memorie, carteggi, libri.
Silvana Pastorboni, ad esempio, è passata da via Tasso. Ecco un nome nuovo. Di lei si sapeva finora solo che aveva avuto un fratello ufficiale nei paracadutisti. Aldo Finzi, uno dei martiri delle Fosse Ardeatine, prelevato da Regina Coeli col resto dei detenuti massacrati poi nelle cave, come tanti altri ebrei era stato detenuto in precedenza a via Tasso. Finora però non esistevano riscontri. A rivelarlo è stata la scheda su di lui che era nel pacco di via Tasso. O ancora Orlando Posti Orlando che si firmava Opo, uno dei più giovani detenuti. Opo era un ragazzo di Montesacro. In una lettera dice che sta vivendo “l’ alba del diciottesimo anno di vita in carcere morendo di fame”. Anche lui finisce i suoi giorni alle Fosse Ardeatine. E poi le donne, poco note, come Lucia Florio. La donna fu catturata col marito Vincenzo, per una tentata vendita di diamanti. Il suo racconto e quello del marito ispirarono l’artista Guido Gregorietti che rappresentò in un dipinto la cella delle donne.
E ancora altri nomi che rinviano a personaggi celebri, come Giuseppe Nathan imparentato col futuro sindaco di Roma Ernesto. Oppure Mario Badoglio, imparentato col maresciallo, in seguito deportato. C’è anche un Giuseppe Garibaldi.
La seconda importante novità consiste nel ritrovamento della porta segreta. L’ingresso era ricavato nel muro di cinta concavo che separa il carcere di via Tasso da Villa Massimo, attuale sede dei padri della Delegazione di Terrasanta. Durante i nove mesi dell’occupazione nazista di Roma Villa Massimo fu occupata da una delle sezione del Sicherheitdienst (Servizio di Sicurezza o in sigla SD). Attraverso questo varco, passavano dunque delatori, spie, soldati, SS o chiunque avesse interesse a raggiungere il carcere senza dare nell’occhio. La porta della vergogna.
Paolo Brogi
(uscito su Il corriere della sera del 9.1.2010)