Informazioni che faticano a trovare spazio

Basta il video per capire cosa c’è nel quaderno dell’Ora su Rostagno: ignobile ciarpame riciclato, un assist agli assassini mafiosi

In quell’agosto del 1988 dopo essere stato raggiunto da un avviso di garanzia per l’omicidio Calabresi un giornalista chiese a Mauro Rostagno se avesse scheletri nell’armadio. E Mauro rispose: “Io non ho neanche l’armadio…”.

Nei giorni scorsi, subito dopo la seconda udienza del processo che si celebra a Trapani al termine della quale la Procura aveva messo agli atti un “memoriale” su Calabresi ritrovato nella camera di Rostagno dopo la sua morte, ho ripubblicato la trascrizione di quelle pagine ingiallite che sono gli interventi fatti da Rostagno nelle due trasmissioni di Rtc in cui parlò dell’avviso di garanzia e del comunicato che aveva fatto all’Ansa.

Se i redattori del quaderno dell’Ora  uscito col titolo “Pista continua” ne avessero minimamente tenuto conto avrebbero forse evitato di riproporre un vecchio ciarpame di ipotesi che definire ignobili è dir poco.

Non ho letto ancora questo quaderno che ricicla vecchi materiali d’epoca di cui i firmatari si assumono la responsabilità. Ho visto però il video in cui Sandra Rizza – il collega Rino Giacalone l’ha messo nella sua pagina Facebook – espone la linea editoriale dell’inserto riassumibile più o meno così: “Troppo semplice parlare di pista mafiosa, piace agli ex Saman e piace agli ex Lotta continua, in realtà bisogna occuparsi dei mandanti occulti e quali sono le ipotesi investigative?” “Due, risponde la Rizza. Oltre la cosiddetta pista somala l’altro ”movente”,  dice proprio così, “risiederebbe nell’imminente testimonianza che Rostagno doveva fare sul delitto Calabresi. Cosa aveva intenzione di dire?”. Ricorda bontà sua la Rizza: “Marino aveva saputo da Gianni (sic) Pietrostefani che Rostagno era contrario all’omicidio…”.

Basta così. Mi sono ripromesso di non arrabbiarmi. Però, prima di ripubblicare qui di seguito la trascrizione delle parole usate da Mauro Rostagno allora in tv sull’avviso di garanzia e sul delitto Calabresi, vorrei ricordare a Sandra Rizza (e ai suoi colleghi come Giuseppe Lo Bianco) che l’operazione Quaderni dell’Ora un esito lo ha già determinato alla vigilia della testimonianza in aula di Maddalena Rostagno: fornire un aiuto di fatto a quei mafiosi accusati dalla Procura di aver ucciso suo padre. Uno sciacallaggio che aiuta la mafia, ecco. Qualcuno se ne dovrà vergognare.

Ecco qui di seguito la trascrizione delle trasmissioni di Rtc in cui Mauro Rostagno e l’emittente nell’agosto del 1988 parlarono di questa vicenda.

Redazionale di MauroRostagno del 19.08.1988

Prima edizione Tg di Rtc

“Una situazione indubbiamente straordinaria, non usuale: solitamente un giornalista

è chiamato a parlare di vicende degli altri e a essere corretto e preciso, nella misura

del possibile, qualche volta si sbaglia, l’infallibilità non è degli umani, salvo casi

specifici, e questa situazione è paradossale perché adesso c’è uno che è, in qualche

modo, chiamato a parlare di se stesso. Viviamo l’epoca delle comunicazioni,

qualcuno la definisce addirittura la società. delle comunicazioni.

Ieri sera, come buona parte dei cittadini italiani, sono stato a guardarmi la

televisione, i notiziari della. Rai, Rai Uno, Rai Due, Rai Tre, e ho sentito, con una certa

sorpresa devo dire, con un certo shock, il mio nome tirato in ballo in una questione

abbastanza complessa. La notizia della. Rai era questa, quella del coinvolgimento a

proposito de1l’inchiesta sull’omicidio, della morte per omicidio del commissario

Calabresi, avvenuta sedici anni fa, della questione ormai nota come il caso Sofri,

per cui sono agli arresti Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani, altri due esponenti di

un’organizzazione che si chiamò Lotta continua, e anche di tre nuove comunicazioni

giudiziarie, una che riguarda Marco Boato, senatore verde e amico mio carissimo;

un fisico, un ragazzo di Lotta continua che si occupa di fisica e che fa il giornalista,

oltre che insegnare, e poi il sottoscritto.

Si diceva a proposito dei nomi, di Mauro Rostagno, cioè del sottoscritto, e di Roberto

Morini, che queste voci erano voci di corridoio. Posso dire con tranquillità, se mai

questa e una notizia, che è vero.

Vero che cosa? Vero che ho ricevuto una letterina arancione, come potete vedere

nelle immagini. Contiene un foglio ciclostilato, da parte della Procura della

Repubblica milanese, del giudice Antonio Lombardi che conduce l’inchiesta. Si tratta

di una comunicazione giudiziaria. Tecnicamente la comunicazione giudiziaria è

un’informativa a tutela del cittadino in cui si notifica che si stanno svolgendo

indagini sul suo conto a proposito di alcuni fatti specifici e delimitati.

Ma l’effetto, oltre la tecnica, è ben altro: sono i titoloni su tutti i giornali, stampa,

televisione, prime pagine, cognome in prima pagina, come nel caso della “Repubblica”:

la cosa è indubbiamente poco piacevole, da tutti i punti di vista. In parole

povere, sono stato avvisato, da parte della Procura milanese, che si indaga sul mio

conto per una questione che è, quanto meno, eufemistico definire grave, cioè stanno

indagando sul mio conto e sono accusato, imputato di omicidio, concorso in omicidio

volontario, perché svolto con altre persone, e aggravate perché la vittima e un

pubblico ufficiale, cioè il commissario di Polizia Calabresi.

La comunicazione giudiziaria datata 28 Luglio, cioè la stessa giornata in cui

partirono gli ordini i cattura per le persone che ho detto prima, cioè per Adriano

Sofri e Giorgio Pietrostefani, accusati di essere i mandanti, per Ovidio Bompressi,

accusato di essere l’omicida, l’uomo che sparò sul commissario Calabresi, accusati

da Leonardo Marino, ex operaio della FIAT, anche lui militante di Lotta continua,

che si è autoaccusato di essere, diciamo l’autista del commando e che poi ha tirato

in ballo, successivamente, gli altri, come si dice giornalisticamente un pentito e un

pentito un poco clamoroso, anche se non si deve mai generalizzare; i pentiti sono

tutti gli uni diversi dagli altri e le cose vanno viste caso per caso. La lettera della

Procura di Milano, partita il 6 Agosto, è arrivata nelle mie mani soltanto il 12, cioè

a ridosso del Ferragosto. Che cosa ho fatto? In questa lettera, oltre a notificarmi

con numeretti insomma, che si possono vedere, gli articoli, impressionanti, del

Codice penale per cui si sta indagando sui mio carico, mi si invitava anche a

nominare un avvocato, cosa che ho immediatamente fatto nominando un vecchio

amico, cioè l’avvocato Sandro Canestrini del foro di Trento.

Dopo di che ho continuato a svolgere con serenità e con tranquillità il mio lavoro

normale, sia nella comunità terapeutica dove vivo e trascorro le mie giornate, sia

qui in Rtc, alla televisione, insieme con le persone, tecnici e giornalisti, che

collaborano con me. Debbo dire, la mia serenità non é stata incrinata, ma sarebbe

anche fuor di luogo dire che non sono stato colpito: sono stato particolarmente

colpito perché non è sicuramente una cosa di tutti i giorni, e la vita e stata

magnanima con me, da tutti i punti di vista e devo continuamente ringraziare non

lo so bene chi ma sicuramente qualcuno devo ringraziare, questo però proprio non

me lo sarei aspettato. Non ho rilasciato fino ad oggi nessuna intervista ai numerosi

giornalisti che, per voci di corridoio, già prima mi intervistavano, e l’atteggiamento

è stato quello di dire; rivolgetevi al mio avvocato, telefonate al mio avvocato perché

le cose ce l’ha in mano lui e io non ho intenzione di dire nulla.

Ma non ho intenzione di dire nulla di particolare neanche questa volta, anche se pero

qualcosa è cambiato, cioè i notiziari della Rai, i titoloni sui giornali, il nome in prima

pagina, fa un certo effetto e quindi una breve comunicazione adesso dovrò darla e

la darò, un comunicato Ansa, alla fine di questo servizio, anche se oggi comincerò

a rilasciare interviste come è giusto. Il clamore proprio dei mezzi di comunicazione

mi costringe a questo tipo di cose. Non ho altro da aggiungere, continuerò a svolgere

serenamente il mio lavoro in attesa che i giudici vorranno convocarmi e spiegarmi

per quali motivi hanno ritenuto loro dovere coinvolgermi in questa inchiesta che non

è sicuramente cosa carina. Il che, devo dire, suscita in me, appunto, una certa

curiosità non solo giornalistica e professionale ma anche, perché no, una curiosità

privata e personale.

Curiosità che non appena sarà soddisfatta sarà di dominio pubblico perché non

voglio perdermi l’occasione e non voglio farla perdere a nessuno, di vedere in

concreto come funziona la giustizia ita1iana e anche, perché no, come funziona la

stampa, come funziona la televisione, come funzionano i mezzi di informazione.

Una occasione più unica. che rara. che si offre, attraverso Rtc, al pubblico che la vuole

seguire per vedere in presa. diretta., diciamo, e da1 vivo questo cosa abbastanza

anormale, cioè appunto un giornalista di solito si occupa dei fatti altrui, questa volta.

dovrà anche occuparmi un  poco dei fatti miei. Cercherò di farlo con discrezione, con

serenità., senza concedermi nessuna sparata…

Ho sentito le dichiarazioni dure del senatore Boato: ha parlato di atto folle, provocatorio,

intimidatorio eeh…Io non ho intenzione di nessuna di queste cose.

Aspetto che i giudici mi convochino, quando vorranno convocarmi, e che mi

Vorranno spiegare per qua1i motivi e su quali basi hanno ritenuto necessario e

loro dovere tirarmi dentro in questa inchiesta.

Servizio di apertura del 19.08.1988 (conduttore Ingrassia)

Prima edizione Tg di Rtc

Quello che andrò a leggervi è un comunicato Ansa:

“A proposito delle notizie apparse su tutta la stampa nazionale, Mauro Rostagno e

Roberto Morini confermano di avere ricevuto comunicazione giudiziaria in merito

all’inchiesta sull’omicidio Calabresi. Rostagno e Morini attendono di essere convo-

cati dai giudici per conoscere le basi e i motivi per cui sono stati coinvolti in una

vicenda di omicidio. L’omicidio politico era completamente estraneo alla cultura e

alle motivazioni politiche dell’organizzazione Lotta continua, di cui entrambi

facevano parte. Rostagno e Morini dichiarano ufficialmente la loro estraneità alla

vicenda e precisano che non esistendo, all’epoca, nessun esecutivo nazionale di

Lotta continua, non potevano, ovviamente, farne parte.

Rimangono, dunque, in attesa di convocazione da parte dei giudici della Procura

milanese, auspicando che essa avvenga nel più breve tempo possibile”.

La redazione giornalistica di Rtc esprime piena fiducia a Mauro Rostagno, col quale

condivide da oltre un anno l’impegno sociale e civile che caratterizza il modo di fare

informazione di questa emittente. I giornalisti di Rtc si augurano che al più presto

venga fatta piena chiarezza sulla vicenda.

Notiziario del 19.08.1988 (conduttore Ingrassia)

Seconda edizione Tg di Rtc

“Buonasera. La vicenda relativa al cosiddetto caso Sofri e Calabresi si è guadagnata

oggi le prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali. Si tratta di una vicenda che

ci tocca da vicino.

A Mauro Rostagno, infatti, é arrivata una comunicazione giudiziaria, in relazione

alle indagini sul fatto di sangue di sedici anni fa.

Vogliamo quindi dedicare la prima pagina di questa edizione del notiziario ad un

comunicato diffuso oggi da Rostagno e Roberto Morini, ex dirigente per la Sardegna

di Lotta continua., ora docente universitario. Subito dopo vogliamo riproporre un

redazionale di questa mattina del dottor Rostagno. Ecco il comunicato Ansa:

“Ci hanno proprio tirato per i capelli, con insistenza, prima nei fatti senza tirarci

in ballo direttamente. L’arresto di Ovidio Bompressi, di Giorgio Pietrostefani, di

Adriano Sofri, ci ha infatti riportato indietro nel tempo, quando era ricorrente la

voce che qualcuno volesse mettere fuorilegge Lotta continua, ma l’ironia vuole che

ci mettano fuorilegge quando non esistiamo più. Une, seconda volta, nei giorni

intorno a  ferragosto, uno strattone ai nostri capelli è stata quella raccomandata:

— Indaghiamo sul vostro conto per scoprire che ruolo avete avuto nell’omicidio del

commissario Calabresi – vi si leggeva traducendo dal linguaggio delle leggi e dei

codici. Avevamo deciso di stare tranquilli, di non scomporci troppo, abbiamo

nominato i nostri difensori che hanno preso contatto con il dottor Antonio Lombardi,

dichiarando la. disponibilità dei loro assistiti ed essere interrogati in qualsiasi

momento, per affermare, semplicemente, che né noi individualmente né collettiva-

mente, come Lotta continua, avevamo niente ai che fare con quell’episodio.

Più brevemente: non ne sappiamo assolutamente niente. Avevamo solo un po’ di

curiosità, ma eravamo disposti ad aspettare qualche giorno per chiedere lumi al

giudice senza usare la stampa come intermediario. Poi hanno insistito, dicevamo,

i magistrati in questione, che noi eravamo reperibili e qui la nostra curiosità andava

un po’ oltre. Si cominciava ad avere la sensazione che qualcuno giocasse in

malafede. Ma, anche allora. abbiamo avuto l’impressione che non valesse la pena

intervenire pubblicamente, abbiamo semplicemente continuato a, fare il nostro

lavoro, le nostre cose quotidiane. Ma, ora ci hanno tirato in ballo per nome e

cognome. Che fare?, ci siamo chiesti per telefono dalla Sicilia alla Sardegna.

Un comunicato, questo, che purtroppo per le stampa, non offre nessuna, clamorosa

novità. Abbiamo semplicemente da registrare la trasformazione della nostra

curiosità in voglia urgente di sapere, nel diritto di essere rapidamente informati.

Tocca a questo punto a chi ci ha tirato in ballo dirci perché l’ ha fatto, raccontare

a noi e all’opinione pubblica, quale contorto ragionamento lo ha portato a decidere

che abbiamo qualcosa a che vedere con questa storia: per sorteggio?

ln base ad una graduatoria di candidati in cui siamo stati iscritti a nostra insaputa?

Per avere portato in tasca la tessera, peraltro mai esistita, di Lotta continua?

Per invitare chi di dovere a sciogliere una volta per tutte questo legittimo dubbio,

abbiamo deciso anche noi di unirci all’iniziativa di Marco Boato: denunceremo per

calunnia chiunque voglia coinvolgerci in questa vicenda.

Quanto al dibattito politico su quegli anni, su una vicenda collettiva che non ha niente

a che spartire con le cronache giudiziaria di questi giorni, esso ci sarà certamente:

è già aperto e andrà avanti nei tempi e nei modi che ciascuno sceglierà, fuori dalle

aule giudiziarie, senza necessità di sollecitazione da parte di magistrati o di

carabinieri. Per il momento non c’e altro proprio da dire”.

Firmato Mauro Rostagno e Roberto Morini, da Trapani e Sassari, il 19 agosto 1988.

Redazionale del 26.08.1988

Prima edizione Tg di Rtc

“Continuo a ricevere molteplici attestati di solidarietà da persone note e meno note

di questa provincia, con rinnovata manifestazioni di affetto e di fiducia. Grazie, ma

pregherei tutti, amici e non, di smetterla per favore.

Come è noto, sono stato sbattuto in prima pagina, come si usa dire, a causa di una

comunicazione giudiziaria per l’omicidio Calabresi, avvenuto par mano di ignoti

circa sedici anni fa a Milano. Ad un mese dalla data di questa comunicazione

giudiziaria, che ovviamente non ho ritenuto opportuno e necessario comunicare ad

aperto mondo perché erano affari strettamente miei, nè mi è noto ad un mese di

distanza, dico, di che cosa sono accusato, in base a che cosa e chi mi accusa, come

ho già detto in numerose interviste. Ritengo la vicenda ignobile, immotivata e senza

nessun fondamento.

Ieri, il mio amico senatore Boato è stato sentito per sette ore e mezzo dal Giudice

istruttore Lombardi alla Procura di Milano. Ha potuto farlo perché lui è un senatore,

non poteva essere sentito come testimone e ha deciso per la spontanea deposizione

testimoniale: ribadire sostanzialmente la sua totale estraneità e quella di Lotta continua

all’omicidio Calabresi, chiarendo che non c’era nessuna struttura illegale e clandestina,

vicende che invece appaiono a pieni titoli nella stampa e che appaiono nelle supposizioni dei magistrati.

Io non sono ancora stato sentito: c’e tempo, non c’é fretta. Queste le voci che mi

arrivano dal palazzo di Milano. Il giudice Pomarici, il Pubblico ministero che ha ritenuto opportuno ed ha

insistito, a differenza del giudice Lombardi, per la comunicazione giudiziaria, è in

ferie: ne ha tutto il diritto e c’e l’ho anch’io. Aspetterò, dunque. Ho imparato tante

cose nella vita tra cui anche quella di aspettare.

Ma intanto qualche spiritoso, qua, in loco, si è fatto delle curiose idee sul mio conto,

che vorrei subito dissipare, molto brevemente. Per esempio, si è fatta l’idea che

questa vicenda ha finito per mettermi il bavaglio alla bocca, che c’è stata qualche

sterzata nella mia vita e che é diminuita la mia presenza in questa televisione,

insomma, che mi sono dato una calmata. Stiano pure tranquilli: non e cosi.

Non mi sono calmato, perché non avevo nessun bisogno di calmarmi: infatti, non

mi ero agitato neanche prima. Non ho sterzato, perché sono abituato ad andare

dritto, piaccia o non piaccia, e sono, oltretutto, cocciuto e un poco testone.

Da quasi vent’anni vivo in Sicilia. Qui mi è nata una figlia, qui spero di finire di

mettere il bianco nella mia barba e, sotto questo sole, di vedere, se Dio vorrà, anche

dei nipotini. Io sono dunque di passaggio. Ho insegnato in questa università siciliana,

sono profondamente legato e ho parenti in questa terra. Si mettano dunque calmi

coloro che sperano che questa cosa mi faccia levare le tende e andare per altri lidi.

Non è questo il caso.

Voglio ricordare una vicenda. Più volte sono finito sulla prima pagina dei giornali

in questi anni, ma la vicenda non interessa a nessuno. Una però la voglio ricordare.

Anni fa, nel l 972, lo stesso anno dell’omicidio Calabresi, fu tentata una strage, con

delle bombe, al tribunale di Trento, durante una manifestazione degli studenti.

Di questa tentata strage fu accusata Lotta continua e naturalmente anche ci finirono

dentro i dirigenti e il sottoscritto. Noi non ci demmo una calmata, non ci agitammo,

incominciammo a fare delle inchieste, su questo poi si mosse anche la magistratura.

Ad anni di distanza fu  acclarato tutto: Lotta continua non ci entrava niente;

questa tentata strage era stata organizzata da una piccola fetta dei servizi segreti

e da una piccola fetta dell’Arma dei carabinieri. Sono finiti poi, quindi, in galera,

arrestati ed accusati il colonnello Santoro dell’Arma dei carabinieri, il colonnello

Pignatelli de1l’Arma dei carabinieri ed altri. Il mio amico Boato carinamente lo ha

ricordato ieri al giudice e io lo voglio ricordare qua, non con questo dicendo che i

servizi segreti hanno tirato fuori il mio nome, ma curioso, insomma, di sapere chi

ha voluto tirarmi dentro questa vicenda.

Spero che sia fatta completa luce sugli assassini di Calabresi e anche sull’assassinio,

sulla morte in Questura di Pinelli, volato dal quarto piano, e non si capisce bene

perché. Pare, il giudice D’Ambrosio acclarò, che Pinelli non si suicidò e che non fu

neanche buttato, quindi, una qualche soluzione, si dovrà prima o poi trovarla.

Ma visto che sono imputato vorrei anche essere sentito. Non ho fretta, con tutti i

comodi del Giudice istruttore, del dottor Pomarici, come ho detto prima hanno diritto

anche loro alle ferie e ne ho diritto anch’io. Qualcuno, però, avrà avuto i suoi motivi

per tirarmi dentro questa sporca vicenda.

Io ho tutto il diritto di sapere chi, come, quando, perché e per quali motivi e su quale

base, poffarbaccol E questo mi sembra veramente il minimo.

Ho anche il diritto di venirne fuori, con totale restituzione dell’onore mio personale

— cosa a cui non smetto di tenere — e anche dell’onore di Lotta continua, vicenda che

se pur lontana e passata, è una fetta della mia vita a cui non ho nessuna intenzione

di rinunciare, perché è una cosa bella, positiva e a cui sono felicemente attaccato.

Grazie.

Spero soltanto che non mi tocchi il destino che è toccato al mio amico Adriano Sofri,

cioè quello di stare in galera e di dover leggere sui giornali, come ho letto anch’io,

con questi occhi, che il giudice dice e scrive sulla sentenza che: no, non deve uscire

dalla galera, che prove a suo carico non ce ne sono. Non solo: non ce ne potranno

essere. Non solo: non potranno mai venire trovate. Beh, allegria.

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