Questa intervista per il libro di Lamberto Tassinari che identifica William Shakespeare in John Florio. Pubblicato da Giano Books in inglese e reperibile presso l’autore che vive a Montreal in Canada, dove per trent’anni ha insegnato letteratura italiana all’università cittadina pubblicando anche riviste interculturali come “Viceversa”, il libro è un coraggioso studio su una questione irrisolta: la reeale identità del Bardo. Lamberto Tassinari, fiorentino di origine, mio vecchio amico di gioventù, si è buttato a corpo morto in questa impresa di dare un volto conosciuto al grande e ignoto Shakespeare. Secondo lui Shakespeare, che ha alimentato una fiorente questione shakespiriana, è in realtà John Florio. Qui di seguito spiega le ragioni della sua scelta.
Lamberto, perché questo libro?
Nel 2000, quando ho letto La Tempesta per la prima volta, ero vagamente a conoscenza della secolare questione della paternità delle opere di Shakespeare. La Tempesta mi è parsa non solo la più sottilmente mediterranea, meridionale e italiana delle commedie del Bardo ma addirittura quella a cui l’autore ha affidato la rivelazione della propria identità nascosta. Così ho letto e speculato per qualche mese arrivando a scrivere un piccolo saggio intitolato « La Tempesta, Cronache di una famiglia meridionale » che ora costituisce il capitolo conclusivo del mio libro. La parola meridionale è utilizzata da un punto di vista diciamo britannico e si riferisce all’origine sud europea dell’autore. Un anno dopo, allargandosi il giro delle mie letture Shakespeariane, sono venuto a conoscenza dell’esistenza di Giovanni/John Florio lessicografo e traduttore d’origine italiana contemporaneo di Shakespeare. Sia detto en passant, Giovanni Florio non ha nulla a che fare con la buffa e colorata storia del Crollalanza siciliano che tanta attenzione e curiosità ha suscitato recentemente in un’Italia sempre così avida di mitologia. Di questo pasticcio-Crollalanza io non ho visto uno straccio di documento probante in dieci anni di ricerche e ho letto anche l’opuscolo di Martino Juvara che lo sostiene. La scoperta di John Florio dapprima non mi ha impressionato : cosa poteva aver a che fare un autore di dizionari, un traduttore, un colletto blu con il Cigno dell’Avon, il Sublime poeta, l’Autore per eccellenza della modernità? È stata la lettura di due biografie su John Florio che mi ha permesso di formulare la mia teoria. Si tratta di due vecchi libri : uno in francese di un’americana, Clara Longworth Chambrun, nel 1921 e l’altro del 1934 della studiosa britannica Frances Yates. Le due biografe rivelano che John Florio è in realtà un grande scrittore (ha tradotto i Saggi di Montaigne e il Decamerone in inglese), un linguista raffinato, un funambolo del linguaggio, un inventore di parole che ha arricchito la lingua inglese con oltre mille neologismi! Pensate, il figlio di un esule italiano nato a Londra ma vissuto poi tra Svizzera e Germania per diciotto anni che torna in Inghilterra nel 1571 e contribuisce a quel punto allo sviluppo della lingua e della cultura inglese…solo Shakespeare ha fatto di meglio! Ma chi è Shakespeare?
Che cosa hai scoperto d’importante?
Nessuno si è veramente occupato di John Florio dopo il libro della Yates del 1934 che invece di aprire le ricerche su di lui le ha congelate. La giovane studiosa è andata pericolosamente vicina all’affermazione eretica che John Florio è Shakespeare! Ma non ha osato concludere e subito dopo ha abbandonato Florio e si è data allo studio di Giordano Bruno, amico di Florio sì, ma decisamente meno compromesso nell’affaire Shakespeare. Le istituzioni universitarie, il mondo intero della cultura, e non solo in Inghilterra, ha combattuto e represso all’origine, ossia nelle classi universitarie, nei media queste ricerche e di questa pesante intimidazione parlo nel mio libro. Che cosa ho scoperto? Ho scoperto che se Shakespeare è fondamentalmente un genio del verbo e un raffinato promotore di ciò che è italiano e europeo, allora Florio è Shakespeare : un autore con un nome inglese inventato da Florio con la complicità di un giro di scrittori e aristocratici per la gloria della sua terra promessa, l’Inghilterra. Ma ho scoperto credo anche questo d’importante: che la questione della vera identità di Shakespeare è una questione più politica che letteraria. Per oltre settant’anni nessuno ha osato occuparsi di Florio. E non che non ne valesse la pena! Proprio il contrario, era “troppo” interessante! Florio è uno Shakespeare infinitamente più convincente del titolare di Stratford e degli altri numerosi candidati che sono stati proposti da tutti coloro che non hanno creduto alla favola di Stratford. Si dice di Shakespeare che fosse uno snob, innamorato dell’aristocrazia? Ebbene Florio è stato a Corte come segretario particolare e precettore della regina Anna dal 1603 al 1619 e ha avuto come amici e discepoli tutti, davvero tutti coloro che si immagina dovessero essere legati a Shakespeare il commediografo e poeta. È ovvio, naturale e logico che Shakespeare sia un autore venuto dal cuore dell’Europa come Florio che possiede un bagaglio culturale e genetico perfettamente adeguato ai contenuti delle opere di Shakespeare. La “rivoluzione Shakespeariana” del teatro e della lingua inglesi viene da fuori! Jorge Luis Borges ha detto che Shakespeare potrebbe essere italiano o ebreo: e in effetti il padre di John Florio è figlio di ebrei, probabilmente di origine iberica, convertitisi al cattolicesimo, fidatevi dello sguardo del gran cieco!
Chi contesta lo Shakespeare di Stratford, chi vede che la biografia e le opere non combaciano in un modo clamoroso è andato a cercare l’Autore tra gli inglesi, ovviamente. Un aristocratico inglese, of course, perché loro erano i colti, i poliglotti che viaggiavano e conoscevano l’Italia. Ma nessuno di loro possiede le doti Shakespeariane che possiede Florio!
Qual è in generale la posizione che gli studiosi hanno su Shakespeare?
È stato rischioso finora occuparsi di un contemporaneo del Bardo che aveva la stessa cultura, parlava le stesse lingue, possedeva la stessa inventività linguistica, aveva lo stesso giro di amici e precettori di Shakespeare. Da sessant’anni l’impero inglese non esiste più, molti idoli, in ogni campo, sono caduti ma l’Autorità non è crollata: i grandi sacerdoti delle università, I produttori di bestseller hanno ancora potere. Ancora oggi hanno presa sui colleghi minori e sulla massa dei lettori. Conformismo dunque. E gli universitari italiani brillano per ortodossia Shakespeariana, sono gli accademici più conformisti e pavidi, decisamente colonizzati dall’autorità che discende su di loro dalle “prestigiose” università anglosassoni dalle quali dipende in ultima analisi la loro carriera. Non sorprende che alla politica del nostro Paese corrisponda questo mondo universitario e intellettuale.
Va detto anche che le teorie letterarie degli ultimi cinquant’anni, soprattutto francesi, con Barthes, Foucault, Genette hanno facilitato i difensori dell’autore debole che è lo Shakespeare di Stratford. Sono i testi che contano, l’Autore è un accidente! Boutades teoretiche che stanno passando di moda. L’autore esiste, come esisto Io e esisti Tu. Non è un demiurgo ma un centro di forze, un ordinatore che scrive e è scritto ovviamente ma che possiede un’identità, una volontà e una responsabilità precise.
John Florio è l’autentico Shakespeare, l’autore impuro, il plagiatore barocco, quasi postmoderno, che incolla pezzi traducendo direttamente dall’originale dell’Aminta del Tasso, dell’Orlando Furioso dell’Ariosto, dello Spaccio della bestia trionfante di Giordano Bruno e copiando da The Jew of Malta di Marlowe, da Samuel Daniel, da Thomas Kyd e da chiunque capitasse sottomano a questo lettore famelico (aveva una biblioteca personale di oltre 500 libri, tutti ora spariti!) finanche dal Don Chisciotte! Sì, ora si può dire: con Florio anche il legame assurdo, improponibile tra Shakespeare e Cervantes diventa possibile, anzi logico e necessario.
Credo di aver riunito le prove e gli indizi fondamentali a sostegno della mia teoria che arriva a rispondere a tutti gli interrogativi, a risolvere tutti i problemi posti dalla critica Shakespeariana e tutt’ora irrisolti. La risposta finale, la prova assoluta verrà dai lettori, da chi vorrà e saprà leggere insieme Florio e Shakespeare fino a comprendere che si tratta della stessa parola.
Grazie, Lamberto.