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Despoti maghrebini, il gradimento di Berlusconi e Frattini

Despoti maghrebini Il gradimento di Frattini e Berlusconi
Il governo italiano giustifica i suoi buoni rapporti con regimi oppressivi per il loro contributo alla lotta contro il terrorismo Una rozza forma di realpolitik le cui vere ragioni sono altre
l’Unità, 10-01-2011
UMBERTO DE GIOVANNANGELI
udegiovannangeli@unita.itQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
Sparano sulla folla che protesta per l’aumento dei prezzi. In Tunisia. In Algeria. Si ribellano contro oligarchie da sempre al potere che hanno delapidato ricchezze, fatto bancarotta sociale, politica, morale. In priva fila i giovani. In maggioranza acculturati. Giovani senza futuro. E se da Algeri e Tunisi si allarga l’orizzonte a Tripoli, ciò che si staglia è un regime che imprigiona i dissidenti e rinchiude i migranti africani in veri e propri lager, Tutto questo è sotto gli occhi di tutti. Ma c’è chi fa finta di non vedere. È il ministro degli Esteri italiano. Lui, Franco Frattini, ha un’idea diversa. Opposta. Quella del “male minore”. Dietro alla quale si cela l’unica, vera diplomazia praticata dal governo del Cavaliere: la diplomazia degli affari. I morti sembrano non pesare nelle valutazioni del titolare della Farnesina. Come non hanno pesato gli eritrei respinti dall’Italia e torturati dalla polizia di Gheddafi. Per l’Italia, Tunisia e Algeria «sono Paesi che garantiscono stabilità al Maghreb e  chi dice cose diverse non ha il minimo senso di responsabilità», sentenzia Frattini in polemica con lo scrittore Tahar Ben Jelloun, secondo cui Roma e Parigi hanno responsabilità nelle proteste che sono scoppiate nei due Paesi, perché sono state troppo deboli nei confronti dei regimi locali. Che quelle contestate dalle piazze di Tunisi e Algeri siano regimi “dinastici” (a Ben Ali succederà un membro della famiglia, a Bouteflika il fratello) per il titolare della Farnesina sono dettagli. Perché ciò che conta è che Algeria e Tunisia «sono Paesi che hanno contrastato il terrorismo subendolo direttamente in casa propria – rileva Frattini -. L’impegno di Ben Ali contro il terrorismo non può essere sottaciuto». Mentre può esserlo la documentata denuncia delle più importanti organizzazioni umanitarie, interne e internazionali, che hanno ripetutamente documentato come il regime tunisino abbia calpestato i diritti umani, civili, conculcato le libertà politiche, censurato la stampa indipendente…
Non c’è da meravigliarsi di questa “dimenticanza”. Perché per il capo del governo italiano, la Tunisia ha il volto accattivante di uno dei suoi “sodali” di lungo corso: il finanziere-produttore cinematografico Tahar Ben Ammar. Per il Cavaliere la Tunisia che conta, l’unica che esiste, è quella che ha in mano il potere. Da sostenere sempre e comunque. Con cui fare affari, sia pur per interposte persone. Esemplare è la visita di Berlusconi a Tunisi.
È il 18 agosto 2009. La mattina del Cavaliere trascorre in un incontro con il presidente Ben Ali, ma il clou della sua visita è nel pomeriggio con la partecipazione a Ness Nessma, programma di Nessma TV, la televisione satellitare tunisina acquisita, lo scorso anno, per il 50 per cento, da Mediaset e da Quinta Communications, società di produzione di Tarak Ben Ammar di cui è socio di rilievo anche il gruppo Fininvest e nel cui capitale, alla fine di giugno, è entrata, tramite la Lafitrade, pure Tripoli. La Tunisia diviene per il Cavaliere un enorme teatrino mediatico dove poter fare, liberamente, il suo show. E i suoi affari.
La “diplomazia degli affari” attraversa il Nord Africa. E unisce Tunisi, Algeri, Tripoli. L’Algeria, per l’appunto. Qui a dettar legge è il “ministro degli Esteri” che conta davvero nella “diplomazia degli affari” cara a Berlusconi: l’ad di Eni, Paolo Scaroni. Alcuni esempi: di-cembre 2009: l’Eni si aggiudica la licenza esplorativa di Kerzaz, nelT Algeria sud occidentale, a seguito di una gara internazionale indetta dall’agenzia algerina Alnaft. La licenza ha un’estensione di 16.000 Km quadrati in regime di concessione. Eni è presente in Algeria dal 1981, Paese nel quale partecipa in 24 licenze già in produzione. Nello stesso periodo Saipem si aggiudica un contratto onshore in Algeria per €1,3 miliardi. Il contratto che è stato assegnato a Saipem (società per azioni facente parte del gruppo Eni) dalla compagnia algerina Sonatrach, riguarda la realizzazione delle infrastrutture connesse ad un impianto di trattamento per il GPL (gas di petrolio liquefatto) nel complesso di Hassi Messaoud.
Il complesso è situato nella parte centrale dell’Algeria, circa 900 km a sudest di Algeri. La costruzione sarà completata nella prima metà del 2012. Non solo gas. Ventisette Dicembre 2010: il Ministero dei Trasporti della Repubblica Algerina ha aggiudicato alla Astaldi, in raggruppamento di imprese, il contratto per la progettazione e la realizzazione di una nuova linea ferroviaria lungo la tratta Saida-Tiaret. Il valore complessivo delle opere è di 417 milioni di euro (Astaldi in quota al 60%). Tunisia. Algeria. Per il governo del Cavaliere sono terre di affari. E se si spara sulla folla, pazienza.

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