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Ausmerzen. Una grande diretta tv. In ricordo di Ernst Lossa e delle altre vittime come lui

Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute. Spettacolo sulle vicende legate alle teorie dell’eugenetica, non solo nazista. Lo spettacolo è andato in onda dall’ex ospedale psichiatrico “Paolo Pini” di Milano e trasmesso in diretta dalla emittente televisiva La7 ieri sera, 26 gennaio 2011 (ha regiostrato uno share del 6,44% e 1,7 milioni di spettatori).

Straordinaria diretta televisiva realizzata nella forma teatrale di un lungo monologo dell’attore Marco Paolini, col contrappunto del suono tedesco di alcune letture fatte in traduzione simultanea da una giovane tedesca. Il risultato è stato la messa a fuoco di un fenomeno ancor oggi poco noto, il programma di sterminio dei disabili e dei menomati psichici avviato in Germania nel ’39 e concluso poi ufficialmente nel ’41, banco di prova e di sperimentazione per il successivo Olocausto. Un programma nato però da una cultura occidentale non solo tedesca e a lungo diffusa nelle nazioni più avanzate.

E’ questo il quadro in cui si inscrive l’eutanasia nazista di AktionT4, un programma di eugenetica non affidato alla Gestapo o alle Ss ma basato sulla più subdola collaborazione dei medici di base e delle levatrici che collaborarono attivamente alla sua riuscita, compendiata dalla orribile cifra di oltre 200 mila persone eliminate tra il ’39 e il ‘41.

In realtà il programma non terminò neanche nel ’41, solo che cambiò forma. All’AktionT4 infatti subentrò una fase in cui la morte dei pazienti venne amministrata direttamente dalla classe medica. Si tratta di quella che venne chiamata “eutanasia selvaggia” ossia una sorta di gestione autonoma del massacro con l’utilizzo di iniezioni letali e la privazione del cibo.
Si calcola che mentre la prima fase condusse all’omicidio di più di 70.000 persone, la fase di “eutanasia selvaggia” provocò la morte di oltre 140.000 pazienti.

Ecco l’aspetto più sconvolgente: la fase della “eutanasia selvaggia” non venne condotta in prima persona dall’apparato nazista, ma dalla classe medica che spontaneamente si assunse l’orrendo compito di proseguire il crimine iniziato dalle autorità. Questo ha una grande rilevanza quando si riflette sul fatto che i medici in ogni società organizzata rappresentano una sorta di “segmento sociale d’élite” sul quale il resto della popolazione fa affidamento.

La prima ricerca condotta sull’argomento si svolse nel 1946 quando l’Ordine dei Medici Tedeschi incaricò una commissione presieduta dal dottor Alexander Mitscherlich di riferire sul cosiddetto “processo ai medici” che si svolgeva a Norimberga. I risultati della commissione non furono mai resi pubblici; l’Ordine dei Medici ritenne che le atrocità commesse erano talmente orribili da poter scuotere la stessa fiducia dei cittadini nella professione medica. La questione del massacro dei disabili scompare così per quasi quarant’anni e riemerge soltanto verso il 1980 ad opera di Ernst Klee, un docente di pedagogia per i disabili e giornalista.

L’oblio non può stupire perché è noto che un numero rilevante di medici coinvolti negli omicidi di massa dopo la fine della guerra ricominciarono ad esercitare la professione e in molti casi riuscirono ad ottenere cattedre universitarie prestigiose. D’altro canto in linea generale le pene inflitte a quei pochi che vennero processati e condannati furono relativamente miti o seguite in poco tempo da atti di clemenza.

Marco Paolini ha il merito di aver ricondotto tutta questa orribile storia volti e nomi di vittime e di carnefici. Così attraverso la sua narrazione s’imparano i nuovi lager poco noti – come Hadamar, Grafenech, Kaufbeuren… – che si vanno ad aggiungere a quelli dei campi di sterminio ormai universalmente conosciuti. Ma s’imparano anche i nomi di giovani e giovanissime vittime come Ernst Lossa che è morto ma che non si arrese mai, un ragazzino dallo sguardo deciso che  in un braccio della morte, in cui in genere si moriva in pochissime settimane, riuscì a resistere per un lungo anno e mezzo. Grazie a Paolini di avercelo rifatto vedere attraverso questa bellissima foto. Lossa aveva solo quindici anni …

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